sabato 17 dicembre 2016

La trinità nella bibbia


Tenendo conto che le Sacre Scritture (specialmente l'AT) vanno lette tenendo presente il linguaggio, le espressioni e la cultura degli autori e non si possono leggere come se fosse il Corriere della Sera...

IL CASO ELOHIM:
Nella lingua ebraica esiste il singolare, il plurale e il duale per determinare la quantità a livello discorsivo.
La parola "elohim" che presa da sola significa Dio al plurale quando è utilizzata e seguita (o messa in relazione) con un verbo al singolare. E' come se l'autore ci volesse dire (consciamente o meno, non lo sappiamo) che Dio pur essendo uno è allo stesso tempo più di due (tre).
E' un indizio del dogma della Santissima Trinità


Quindi: Soggetto -> plurale; Verbo -> singolare

Inoltre il "Voi tutti siete déi perché figli dell'Altissimo" fa riferimento alla visione beatifica. Quando noi vedremo Dio (come dice il catechismo) saremo rivestiti di perfezione e assumeremo una forma così mirabile che sembreremo più déi che uomini.

Quindi, naturalmente, per "dèi" non si intende "altri Dio".

Sono le ennesime idiozie da quattro soldi, mandate in giro da gentaglia (scrittori e mai Teologi, stranamente) che non sanno nulla di ebraico, di agiografia e di Sacre Scritture.

Questo si capisce leggendo il testo in lingua originale diciamo, cosa che loro non fanno. Loro interpretano le traduzioni/traslitterazioni, che per quanto possano essere ben fatte non riescono a dare le stesse sfumature.

sabato 10 dicembre 2016

VALTORTA - Peccato di Adamo


Dio aveva detto all’Uomo e alla Donna: “Conoscete tutte le leggi ed i misteri del creato, ma non vogliate usurparmi il diritto d'essere il Creatore dell’uomo. A propagare la stirpe umana basterà il mio Amore che circolerà in voi, e senza libidine di senso ma per solo palpito di carità susciterà i nuovi Adami della stirpe. Tutto vi dono. Solo mi serbo questo mistero della formazione dell’uomo”.
Satana ha voluto levare questa verginità intellettuale all’Uomo, e con la lingua serpentina ha blandito e accarezzato membra e occhi di Eva suscitandone riflessi e acutezze che prima non avevano, perché la Malizia non li aveva intossicati. Essa “vide” e vedendo volle provare. La carne era destata.
Oh!  Se avesse chiamato Dio! Se fosse corsa a dirgli: “Padre io sono malata. Il  serpente mi ha accarezzata e il turbamento è in me”. Il Padre l’avrebbe purificata e guarita col suo alito, che come le aveva infuso la vita poteva infonderle nuovamente innocenza, smemorandola del tossico serpentino e anzi mettendo in lei la ripugnanza per il Serpente, com'è in quelli che un male ha assalito e che, guariti, ne portano un'istintiva ripugnanza.
Ma Eva non va al Padre. Eva torna dal Serpente. Quella sensazione è dolce per lei.  “Vedendo che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello all’occhio e gradevole all’aspetto, lo colse e lo mangiò” .
E “comprese”. Ormai la malizia era scesa a morderle le viscere. Vide con occhi nuovi e udì con orecchi nuovi gli usi e le voci dei bruti. E li bramò con folle bramosia.
Iniziò sola il peccato. Lo portò a termine col compagno. Ecco perché sulla donna pesa condanna maggiore. E’ per lei che l’uomo è divenuto ribelle a Dio e che ha conosciuto lussuria e morte. E’ per lei che non ha più saputo dominare i suoi tre regni: dello spirito perché ha permesso che lo spirito disubbidisse a Dio; del morale perché ha permesso che le passioni lo signoreggiassero: della carne perché l’avvilì alle leggi istintive dei bruti.
“Il serpente mi ha sedotta” dice Eva: “La donna mi ha offerto il frutto ed io ne ho mangiato” dice Adamo. E la cupidigia triplice abbranca da allora i tre regni dell’uomo. 5-3-44
Da questo disordine iniziale ecco che scaturiscono tutte le altre sventure, e voi divenite schiavi di voi stessi o di uno di voi che abusivamente si autoproclama ciò che non è. Lo divenite per non aver voluto essere figli di un Padre che più buono non ve n’è.
Ripudiate dunque le voci di ciò che è concupiscenza e tornate, tornate all’ubbidienza. (…) e vogliate seguire la via che Dio vi ha assegnata.  31.5.44
Il principio della colpa fu nella disubbidienza:  “Non mangiate e non toccate di quell’albero” aveva detto Iddio. E l’uomo e la donna, i re del creato, che potevano di tutto toccare e mangiare fuor che di quello, perché Dio voleva non renderli che inferiori agli angeli, non tennero conto di quel divieto.
La pianta: il mezzo per provare l’ubbidienza dei figli. Che è l’ubbidienza al comando di Dio? E’ bene, perché Dio non comanda che il bene. Che è la disubbidienza? E’ male, perché mette l’animo nelle disposizioni di ribellione su cui Satana può operare. 
Eva va alla pianta da cui sarebbe venuto il suo bene col sfuggirla o il suo male coll’avvicinarla. Vi va trascinata dalla curiosità bambina di vedere che avesse in sé di speciale, dall’imprudenza che le fa parere inutile il comando di Dio, dato che lei è forte e pura, regina del’Eden in cui tutto le obbedisce e in cui nulla potrà farle del male. La sua presunzione la rovina. La presunzione è già lievito di superbia.
Alla pianta trova il Seduttore il quale, alla sua inesperienza, alla sua vergine tanto bella inesperienza, alla sua mal tutelata da lei inesperienza, canta la canzone della menzogna.  “Tu credi che qui sia del male? No. Dio te l’ha detto perché vi vuole tenere schiavi del suo potere. Credete d’esser re? Non siete neppur liberi come lo è la fiera. Ad essa è concesso di amarsi di amor vero. Non a voi. Ad essa è concesso d’esser creatrice come Dio. Essa genererà figli e vedrà crescere a suo piacere la famiglia. Non voi. A voi è negata questa gioia. A che pro dunque farvi uomo e donna se dovete vivere in tal maniera? Siate dèi. Non sapete quale gioia è l’esser due in una carne sola, che ne crea una terza e molte più terze? Non credete alle promesse di Dio di avere gioia di posterità vedendo i figli crearsi nuove famiglie, lasciando per esse e padre e madre. Vi ha dato una larva di vita: la vita vera è di conoscere le leggi della vita. Allora sarete simili a dèi e potrete dire a Dio: "siamo tuoi uguali’ “.
E la seduzione è continuata perché non vi fu volontà di spezzarla, ma anzi volontà di continuarla e di conoscere ciò che non era dell’uomo. Ecco che l’albero proibito diviene, alla razza, realmente mortale, perché dalle sue rame pende il frutto dell’amaro sapere che viene da Satana. E la donna diviene femmina e, col lievito della conoscenza satanica in cuore, va a corrompere Adamo. Avvilita così la carne, corrotto il morale, degradato lo spirito, conobbero il dolore e la morte dello spirito privato della Grazia, e della carne privata dell’immortalità. E la ferita di Eva generò la sofferenza, che non si placherà finchè non sarà estinta l’ultima coppia sulla terra.  17.12
Ho detto: “metaforica pianta”. Dirò ora: “simbolica pianta”. Forse capirete meglio. Il suo simbolo è chiaro: dal come i due figli di Dio avrebbero agito rispetto ad essa, si sarebbe compreso come era in loro tendenza al bene e al male. Come acqua regia che prova l’oro e bilancia d’orafo che ne pesa i carati, quella pianta, divenuta una “missione” per il comando di Dio rispetto ad essa, ha dato la misura della purezza del metallo d’Adamo e di Eva.  Sento già la vostra obbiezione: “Non è stata soverchia la condanna e puerile il mezzo usato per giungere a condannarli?”.
Non è stato. Una disubbidienza ‘attualmente’ in voi che siete gli eredi loro, è meno grave che non fosse in essi. Voi siete redenti da Me. Ma il veleno di Satana rimane sempre pronto a risorgere come certi morbi che non si annullano mai totalmente nel sangue. Essi, i due progenitori, erano possessori della Grazia senza aver mai avuto sfioramento con la Disgrazia. Perciò più forti, più sorretti dalla Grazia che generava innocenza e amore. Infinito era il dono che Dio aveva loro dato. Ben più grave perciò la loro caduta nonostante quel dono.
Simbolico anche il frutto offerto e mangiato. Era il frutto d'una esperienza voluta compiere per istigazione satanica contro il comando di Dio. Io non avevo interdetto agli uomini l’amore. Volevo unicamente che si amassero senza malizia; come Io li amavo con la mia santità, essi dovevano amarsi in santità d’affetti che nessuna libidine insozza. 17.18
Non si deve dimenticare che la Grazia è lume, e chi la possiede conosce ciò che è utile e buono conoscere. La Piena di Grazia conobbe tutto, perché la Sapienza la istruiva, la Sapienza che è Grazia, e si seppe guidare santamente. Eva conosceva perciò ciò che le era buono conoscere. Non oltre, perché è inutile conoscere ciò che non è buono. Non ebbe fede nelle parole di Dio e non fu fedele nella sua promessa di ubbidienza. Credette a Satana, infranse la promessa, volle sapere il non buono, lo amò senza rimorso, rese l’amore, che Io avevo dato così santo, una corrotta cosa, una avvilita cosa. Angelo decaduto, si rotolò nel fango e sullo strame, mentre poteva correre felice fra i fiori del Paradiso terrestre e vedersi fiorire intorno la prole, così come una pianta si copre di fiori senza curvare la chioma nel pantano. 17.19
Nella Genesi si legge:  “Allora Adamo pose alla sua moglie il nome di Eva, essendo essa la madre di tutti i viventi”. Oh! Si. La donna era nata dalla “Virago” che Dio aveva formata per compagna di Adamo, traendola dalla costola dell’uomo. Era nata col suo destino doloroso perché aveva ‘voluto’ nascere. 606.7
Dio non proibisce ad Adamo di cogliere i frutti dell’Albero della Vita, ma vieta di cogliere quelli, inutili, dell’Albero della Scienza, perché un eccesso di sapere avrebbe svegliato la superbia nell’uomo, che si sarebbe creduto uguale a Dio per la nuova scienza acquisita e stoltamente creduto capace di poterla possedere senza pericolo, con il conseguente sorgere di un abusivo diritto di auto-giudizio delle azioni proprie, e dell’agire, di conseguenza, calpestando ogni dovere di filiale ubbidienza verso il suo Creatore – dato che ormai gli era simile in scienza – del suo Creatore che gli aveva amorosamente indicato il lecito e l’illecito, direttamente o per grazia e scienza infuse.
La misura data da Dio è sempre giusta. Chi vuole più di quanto Dio gli ha dato, è concupiscente, imprudente, irriverente. Offende l’amore. Chi prende abusivamente, è un ladro e un violento. Offende l’amore. Chi vuol agire indipendentemente da ogni ossequio alla Legge soprannaturale e naturale è un ribelle. Offende l’amore.
Davanti al comando divino i Progenitori dovevano ubbidire, senza porsi dei perché che sono sempre il naufragio dell’amore, della fede, della speranza. Quando Dio ordina o agisce, si deve ubbidire e fare la ‘sua’ volontà, senza chiedere perché ordina o agisce in quel dato modo. Ogni sua azione è buona, anche se non sembra tale alla creatura limitata nel suo sapere.
Perché non dovevano andare a quell’albero, cogliere quei frutti, mangiare quei frutti? Inutile saperlo. Ubbidire è utile, e non altro. E accontentarsi del molto avuto. L’ubbidienza è amore e rispetto, ed è misura di amore e rispetto. Tanto più si ama  e si venera una persona e tanto più la si ubbidisce. Rm 135-136 28.5.48
Dio sapeva che a quell’albero sarebbe andato Satana, per tentare. Dio tutto sa. Il malvagio frutto era la parola di Satana gustata da Eva. Il pericolo di accostare la pianta era nella disubbidienza. Alla scienza pura che Dio aveva dato, Satana inoculò la sua malizia impura, che presto fermentò anche nella carne. Ma prima Satana corruppe lo spirito facendolo ribelle, poi l’intelletto facendolo astuto.
Oh, ben conobbero, dopo, la scienza del Bene e del Male! Perché tutto, persino la nuova vista, per cui conobbero d’esser nudi, li avvertì della perdita della Grazia, che li aveva fatti beati nella loro intelligente innocenza fino a quell’ora, e perciò della perdita della vita soprannaturale.
Nudi! Non tanto di vesti quanto dei doni di Dio. Poveri! Per aver voluto essere come Dio. Morti! Per aver temuto di morire con la loro specie se non avessero agito direttamente.
Hanno commesso il primo atto contro l’amore con la superbia, la disubbidienza, la diffidenza, il dubbio, la ribellione, la concupiscenza spirituale, e, per ultimo, con la concupiscenza carnale. Dico: per ultimo. Alcuni credono che sia invece stato l’atto primo la concupiscenza  carnale. No. Dio è ordine in tutte le cose.
Anche nelle offese verso la legge divina, l’uomo peccò prima contro Dio, volendo essere simile a Dio: “dio” nella conoscenza del Bene e del Male, e nell'assoluta, e perciò illecita, libertà d'agire a suo piacere e volere contro ogni consiglio e divieto di Dio; poi contro l’amore, amandosi disordinatamente, negando a Dio l’amore riverenziale che gli è dovuto, mettendo l’IO al posto di Dio, odiando il suo prossimo futuro: la sua stessa prole, alla quale procurò l’eredità della colpa e della condanna; in ultimo contro la sua dignità di creatura regale che aveva avuto il dono di perfetto dominio sui sensi.
Il peccato sensuale non poteva avvenire sinchè durava lo stato di Grazia e gli altri stati conseguenti. Poteva esserci tentazione ma non consumazione della colpa sensuale sinchè durava l’innocenza, e perciò il dominio della ragione sul senso. Rm 138 - 28.5.48
Castigo. Non sproporzionato ma giusto.
Per capirlo bisogna considerare la perfezione di Adamo ed Eva. Considerando quel vertice, si può misurare la grandezza della caduta in quell’abisso. (….)
Le conseguenze del peccato d’origine sono state riparate dal Cristo, per quanto è la Grazia. Ma la debolezza della lesione alla perfezione originale rimane. E questa debolezza è costituita dai fomiti, simili a germi infettivi rimasti nell’uomo in latenza, ma sempre pronti ad entrare in potenza e soverchiare la creatura.
Dio non violentò il libero arbitrio dell’uomo, mentre l’uomo violentò i diritti di Dio. Né prima, né dopo la colpa, Dio violentò la libertà d’azione dell’uomo. Lo sottopose alla prova. Non ignorava, essendo Dio, che l’uomo non l’avrebbe superata. Ma era giusto che lo sottoponesse per confermarlo in grazia, come aveva, per lo stesso fine, sottoposto alla prova gli angeli, e confermato in grazia quelli che avevano vinto la prova. E sottoponendolo alla prova, lo lasciò libero di agire rispetto ad essa.  Rm 139-140 - 28.5.48
Dio rispettò la volontà umana. L’uomo perseverò nel suo stato di rivolta verso il suo divino Benefattore. Superbamente uscì dall’Eden dopo aver mentito – perché ormai il suo congiungimento con la Menzogna era avvenuto – ed aver addotto povere scuse al suo peccato, mentre che l’essersi fatto cinture di foglie testimoniava che, non perché erano nudi e di apparir tali a Colui che li aveva creati e conservati vestiti solo di grazia e innocenza si vergognavano, ma perché erano colpevoli, avevano paura di comparire davanti a Dio.
Castigo giusto, dunque. Privazione di quanto spontaneamente l’uomo aveva spregiato: la Grazia, l’integrità, l’immortalità, l'immunità, la scienza. E perciò la perdita della paterna carità di Dio, del suo aiuto possente; e perciò la debolezza dell’anima ferita, la febbre della carne svegliata, delirante e soverchiante la ragione; e perciò la paura di Dio, la perdita dell’Eden dove senza fatica e dolore era la vita; e perciò la fatica, la morte, la soggezione della donna all’uomo, l’inimicizia tra uomo e uomo, tra i figli di un seno, il delitto, l’abuso, tutti i mali che tormentano l’umanità, la paura di morire e del giudizio, il tormento d'aver provocato il dolore e di trasmetterlo a quelli più amati, in un con la vita. Rm 140-141 - 28.5.48
Provvidenza anche questo cadere dell’Umanità, questo suo mordere il fango per ricordarsi che è fango animato da Dio, per se stessa soltanto fango; per volontà di Dio, spirito in un fango, a santificarlo, a dargli l’impronta, la somiglianza con l’Inconosciuto, col Perfetto, con lo Spirito, con l’Eterno. Provvidenza questo cadere all’inizio del suo giorno, per avere un lungo espiare e poter risalire tutta la via, tornare al Cielo dall’abisso, tornarvi con la buona volontà, con l’aiuto del Salvatore, con la battaglia contro la tentazione, con la fortezza che spezza le catene della concupiscenza, con la Fede, la Speranza, la Carità, con l’Umiltà santa e la santa Ubbidienza, per giungere a essere meritatamente gloriosi e liberi della libertà gloriosa dei figli di Dio. Az.204 - 7.7.46

venerdì 9 dicembre 2016

La creazione secondo Maria Valtorta









  • Non ci fu autogenesi, e non ci fu evoluzione; ma ci fu la Creazione voluta dal Creatore. La ragione, di cui siete tanto orgogliosi, dovrebbe farvi persuasi che dal nulla non si forma la cosa iniziale, e dalla cosa unica e iniziale, non può venire il tutto.
    Solo Dio può ordinare il caos e popolarlo d’innumeri creature che formano il Creato.  E questo potentissimo Creatore non ha avuto limitazioni nel suo creare, che fu molteplice, né nel creare creature già perfette, ognuna perfetta secondo il fine per il quale è stata creata.
    E’ stolto pensare che Dio abbia creato, volendo darsi un Creato, cose informi, attendendo di essere da esse glorificato quando le singole creature, e tutte le creature, avessero raggiunto, con successive evoluzioni, la perfezione della loro natura perché fossero atte al fine naturale o soprannaturale per il quale sono state create. (…)
    L’uomo attuale non è il risultato di un’evoluzione ascendentale, ma il doloroso risultato di un’evoluzione discendentale, perché la colpa di Adamo ha per sempre leso la perfezione fisico-morale-spirituale dell’uomo originale. (…)
    L’uomo non è il risultato di un’evoluzione, così come il Creato non è il prodotto di un’autogenesi. Per avere un’evoluzione occorre avere sempre una prima sorgente creativa. E pensare di avere avuto dall’autogenesi di ‘una sola’ cellula le infinite specie, è un assurdo impossibile. Rm 128 - 28.5.48

  • Il Padre si manifesta la prima volta nella Creazione. Immensa Epifania della Potenza che ha, dal nulla, fatto tutto, perché il Tutto può fare dal nulla le cose, mentre il nulla, il non essere, non può da sé formarsi né formare.
    Creare, è, quando dal nulla si ottiene questo tutto che vi circonda, questo firmamento coi suoi pianeti, questi mari con le loro acque, questa terra con le piante e gli animali che l’abitano, questi uomini sorti dalla polvere prima, da Dio trasformata in uomo, questo creato uomo che viene non solo vivificato di vita limitata, ma di vita eterna con lo spirito, non solo munito d’istinto ma di intelletto. Questo è creare. E il Creatore si è manifestato nel creare. Az 150 - 9.6.46

  • "Lo Spirito di Dio si librava sulle acque” è detto, ed è una delle prime parole della meravigliosa storia della Creazione.
    Già era Dio. Sempre Egli fu. E per il suo Essere potè creare dal nulla il tutto; dal disordine, l’ordine; dall’incompleto, più, dall’informe, il completo, formato con legge di sapienza potentissima. Dal caos sorse l’Universo. Dai vapori carichi di molecole confuse, dall'anarchia degli elementi  “creò il cielo e la terra”  e subito il suo Spirito “si librò sulle acque”.
    E a mano a mano che le successive opere della Creazione si compivano, “lo Spirito del Signore” si librava su di esse con le sue leggi e provvidenze, successive opere e sempre più potenti. Dal caos che si separa e ordina per famiglie – parti solide con parti solide per formare il globo del pianeta Terra, parti umide con parti umide, per formare successivamente i mari, i laghi, fiumi, ruscelli – alla luce, la prima delle cose non solo ordinate con elementi già esistenti nel caos, ma creata, con potere proprio, dal nulla.
    Perché la luce non era, “le tenebre coprivano la faccia dell'abisso”, ossia del caos nel quale confusamente si urtavano masse di vapori, carichi di umidità, di gas, di molecole. E Dio creò la luce. La sua luce. Egli concesse al mondo, che sorgeva dal nulla per suo volere, l’attributo, uno degli attributi suoi: la luce.
    Dio è Luce ed è il Padre della Luce e delle luci. E alla terra, sua prima creatura, concede e dona la luce. Rm 82 - 2-2-48

  • La Terra: uno dei milioni di mondi creati da Dio
    Quanti misteri ha ancora l’Universo per voi! Siete immersi nel mistero. Mistero di Dio. Mistero dei perché di Dio. Mistero delle leggi cosmiche. Mistero di rapporti fra questo vostro pianeta e gli altri mondi28.8.43

  • La Terra! La lunga, dieci e dieci e dieci volte millenaria vita della terra cristiana e    la sette volte millenaria vita della Terra pianeta creato dal Padre, che è nel mio tempo? Un attimo di eternità. 22.9.43

  • Nel mio Universo sono pagine sterminate nelle quali l’occhio dell’uomo poteva, e Io avrei voluto così fosse, leggere soprannaturali insegnamenti e leggi di bellezza e bontà. Io l’ho creato, Io Dio Uno e Trino, quest’universo che vi circonda e in esso non ho messo del male per voi. 
    Tutto nell’universo obbedisce ad una legge di amore verso Dio e verso l’ uomo. Ma voi, dal corso ordinato degli astri, dal succedersi delle stagioni, dal fruttificare del suolo, non imparate nulla. Nulla che serva a conquistare i Cieli. Unici che non obbedite, siete il disordine dell’Universo e il vostro disordine pagate con rovine continue, in cui perite come greggi impazzite che precipitano giù da un burrone in torrente mugghiante. 13.10.43

  • Non v'è bisogno di poderose opere di scienza per giungere a credere. Il più bel libro è l’universo che ho creato dal nulla e senza aiuto di uomo. Sappiate leggere in esso il nome di Dio e guardando l’immensità del firmamento, cominciate a capire l’immensità mia, guardando il moto degli astri, cominciate a capire la mia potenza.
    Atomi di polvere sul granello rotante negli spazi che chiamate Terra – un pulviscolo portato dal soffio di Dio e che passa veloce presso altri infiniti pulviscoli ad esso simili – non vi sentite stritolare la vostra superbia se contemplate il firmamento oltre il quali Io sono? Effimere che durate lo spazio di un attimo d’eternità, non cominciate a comprendere la mia Eternità la cui durata è baratro senza fondo in cui sprofondano i millenni e sono pulsazioni del mio ardore? 23.11.43

  • Pensate che Dio, dal nulla ha fatto l’Universo, e da millenni lancia i pianeti negli spazi e ne regola il percorso, pensate che contiene le acque sui lidi e senza barriere d’argini, pensate che dal fango ha fatto quell’organismo che voi siete, pensate che in esso organismo un seme e poche gocce di sangue che si mescolano, creano un nuovo uomo, il quale nel formarsi è in rapporto con fasi astrali, lontane migliaia di chilometri, ma che pure non sono assenti nell'opera di formazione di un essere, così come regolano, coi loro eteri e i loro sorgere e tramontare sui vostri cieli, il germinare delle biade ed il fiorire degli alberi; pensate che nel suo potere sapiente ha dotato i fiori dotati di organi atti a fecondare altri fiori ai quali fanno da pronubi i venti e gli insetti. Pensate che non vi è nulla che non sia stato creato da Dio, così perfettamente creato, dal sole al protozoo, e che voi a tale perfezione non potete nulla aggiungere. Pensate che la sua sapienza ha ordinato, dal sole al protozoo, tutte le leggi per vivere, e convincetevi che nulla è impossibile a Dio, il quale può disporre a suo agio di tutte le forze del cosmo, aumentarle, arrestarle, renderle più veloci, sol che il suo Pensiero lo pensi. 31/12/43

  • Si legge nella Genesi che Dio fece l’Uomo dominatore su tutto quanto era sulla Terra, ossia su tutto meno che su Dio e i suoi angelici ministri. 5/3/44

  • Dio Creatore è illimitato nel suo potere. Dio Creatore  è perfetto nel suo creare. Dio Creatore è previdente nel suo operare.
    Non ha fatto unicamente stelle per il cielo  (………)
    Non ha fatto unicamente le erbe del prato  (………)
    Non ha fatto unicamente i placidi ruminanti   (……..)
    E tutte queste specie ubbidiscono alla ragione per cui furono fatte, all’ordine che venne dato loro.  31/5/44

  • Il Catechismo insegna: “L’uomo fu creato ad immagine e somiglianza di Dio , perché l’anima umana è spirituale e ragionevole, libera nel suo operare, capace di conoscere e amare Dio e di goderlo eternamente, perfezioni che rispecchiano nell’uomo un raggio dell’infinita grandezza del Signore”.
    Dunque Dio creò l’uomo composto di due sostanze, una detta corpo, inizialmente creata col fango e susseguentemente procreata con la carne e il sangue dell’uomo, e di una detta anima, la quale creata volta per volta da Dio, per una sola volta e per una sola carne, scende ad unirsi alla carne che si forma in un seno. Senza l’anima l’uomo sarebbe una creatura animale guidata dall’istinto e dalle doti naturali. Senza il corpo l’uomo sarebbe una creatura spirituale con doti soprannaturali d’intelligenza, volontà e grazia come gli angeli.
    Dio, al capolavoro del creato, rappresentato dall’uomo, in cui sono unite le due creature, animale e spirituale, per fare una sola unità, cosa aveva donato oltre all’esistenza? Doni gratuiti che i teologi dividono in naturali, preternaturali, soprannaturali28.1.47

  • Dal caos Dio creò l’Universo, ordinando le caotiche materie ed elementi in quella perfezione di mondi , stagioni, creature ed elementi, che da milioni di secoli dura. Ma  pochi, osservando il Creato, sanno meditare come la creazione sia simile ad una scala ascensionale, ad un canto che sempre più sale da nota a nota sino a toccare la nota perfetta e sublime. Come sia simile ad un generarsi di vite che dalla precedente escono sempre più perfette e complete, sino a raggiungere la completezza perfetta.
    Guarda: prima dalle molecole solide, dai vapori e fuochi disordinati che erano la nebulosa primitiva, si formano la Terra e le acque e nella Terra e nelle acque ancor mescolati ai futuri mari, laghi, sorgenti, fiumi, vengono chiusi o diluiti i minerali, mentre le molecole solide fanno crosta e forno agli interni fuochi e agli interni zolfi e metalli e fondo alle acque. L’atmosfera si purifica alquanto, liberata com’è in  parte, da ciò che rendeva pesante la nebulosa originaria, il nulla caotico e la Terra, lanciata nella sua traiettoria, ancor nuda, sterile, muta, trascorre per i muti spazi con le creste calve delle sue montagne emergenti appena dalle cupe acque dei futuri bacini.
    Poi fu la luce. Non quella solare, non quella lunare, non quella stellare. Il sole, la luna, le stelle, sono creature più giovani del globo terrestre. Dopo la loro creazione, il cielo, ossia l’elemento “aria”, fu mondo da ogni resto della nuvola primitiva e gli astri e i pianeti splendettero dando col loro splendore elementi vitali al globo terrestre.
    Ma la luce fu prima di essi. Una luce propria, indipendente da ogni altra sorgente che non fosse il volere di Dio. Una luce misteriosa che solo gli angeli videro operare misteriose operazioni a favore del globo terrestre, perché nessuna delle cose create da Dio è inutile,  né nessuna è stata creata senza una ragione d’ordine perfetto. Così, se prima fu la luce degli astri e dei pianeti, segno è che la Perfezione volle quest’ordine creativo per motivo utile e ragionevole. Poi fu il sole, la luna, le stelle.
    L’elemento “aria”, privato dei gas deleteri e ricco di quelli utili alla vita, favorì il persistere delle nuove creature: i vegetali. Quelle che ancora sono creature schiave nelle radici, ma che già hanno moto nelle fronde; quelle che create una volta, hanno già in se stesse elementi per riprodursi, cosa che non è concessa alla polvere della Terra, ai minerali, alle acque. Queste tre cose possono mutare aspetto e natura, da legna sommersa diventar carbone, da fuochi, zolfi, da carboni gemme, trasformarsi da acque in vapori e da questi in acque, o consumarsi, ma riprodursi non possono.
    Il mondo vegetale, sì. In esso è già la linfa, gli organi riproduttivi atti a fecondare e ad essere fecondati; manca però ad essi la libertà del volere, anche istintivo. Ubbidiscono a leggi climatiche, stagionali, al volere degli elementi e dell’uomo. Non può la palma vivere e fruttificare nelle terre fredde, né il lichene polare decorare le rocce nelle terre torride. Non può la pianta fiorire fuor della stagione della fioritura o sfuggire al ciclone, all’incendio, alla scure. Eppure la vita vegetale è già un prodigio di ascesa, dal caos, alla perfezione della Creazione. Ascesa che aumenta con la vita animale, libera nei moti, negli istinti, nel volere dei suoi esseri. Vi è un ordine anche in essa. Ma l’animale gode già della libertà di scegliersi una tana e una compagna, di fuggire dall’insidia dell’uomo e degli elementi; anzi, ha un istinto, più: un magnetismo suo proprio che lo avverte dell’avvicinarsi di un cataclisma e lo guida nel cercare salvezza, così come una rudimentale capacità di pensare e decidere sul come nutrirsi e difendersi e offendere, sul come farsi amico l’uomo ed essergli amico.
    Nell’animale oltre che le perfezioni creative della linfa vitale (il sangue) e gli organi riproduttori come sono nelle piante, sono anche le perfezioni creative della polvere, della pietra, dei minerali. Lo scheletro, il midollo, il sangue, gli organi, non v’insegnano forse gli scienziati che sono composti e contengono quelle sostanze chiamate minerali delle quali è, in fondo, composta la Terra che l’uomo abita e che popolano gli animali?
    Dunque negli animali è già rappresentato e perfezionato ciò che è nei regni inferiori: il minerale e il vegetale e la scala ascende. La nota si fa più alta e pura, più completa, più magnificante Iddio.
    Ed ecco l’uomo, l’uomo nel quale i tre regni precedenti – privo di linfa il primo, di moto il secondo, di ragione il terzo – è aggiunto il quarto regno: quello delle creatura ragionevole, dotata di parola, d’intelligenza, di ragione, ragione che regola gli istinti. Intelligenza che apre il pensiero a comprensioni e visioni che sono molto, talora infinitamente, superiori a quelle che danno agli animali capacità di pensare a un bene materiale. Parola che lo fa capace d’esprimere i suoi bisogni e i suoi affetti, capire quelli del suo simile e soprattutto lodare Dio suo Creatore e pregarlo o evangelizzarlo a chi lo ignora.
    Nell’uomo sono il regno minerale, vegetale, animale, quello umano e, perfezione nella perfezione, quello spirituale.
    Ecco la scala che dal disordine del caos, sale all’ordine soprannaturale, passando per quello naturale. Ecco che alla creatura naturale in cui sono rappresentati e riuniti in sintesi tutti gli elementi e caratteri di ciò che forma le altre creazioni, riuniti e perfezionati; alla creatura fatta col fango, ossia con la polvere nella quale sono sminuzzati i sali minerali e con l’elemento acqua, dotata di calore (elemento fuoco), di respiro (elemento aria), di vista naturale e intellettiva (elemento luce), di sangue e umori, di ghiandole e organi riproduttivi, (linfa), di istinti e di pensiero, di moto, di libertà e volere, Dio infonde il suo soffio, ossia “il soffio della Vita”. Rm. 12.2.48 

  • Volere spiegare con scienza umana il mistero di Dio ed i meravigliosi processi della Creazione, della evoluzione, della trasformazione delle cose create, è follia che degenera poi in eresia. Non si può spiegare l’origine del finito che contemplando con amore, ossia con fede – che la fede non è mai disgiunta dall’amore – l’Infinito. ( … )
    Né idealismo, né positivismo spiegano Dio, la Creazione, la seconda vita, né servono a leggere le risposte ai perché scientifici scritte nei corpi umani, sulle pagine dei firmamenti, negli strati terrestri.  Rm. 16.5.48 

  • Il sesto giorno fu fatto l’uomo, nel quale sono in sintesi rappresentati i tre regni del creato sensibile e, in meravigliosa verità, la sua creazione da Dio per l’anima spirituale infusa da Dio nella materia dell’uomo.
    L'uomo: vero anello di congiunzione fra Terra e Cielo, vero punto d'unione fra il mondo spirituale e quello materiale, l'essere in cui la materia è tabernacolo allo spirito, l'essere in cui lo spirito anima la materia, non solo per la vita limitata mortale, ma per la vita immortale dopo la finale risurrezione.
  • L'uomo: la creatura in cui splende e dimora lo Spirito Creatore. L'uomo: la meraviglia della potenza di Dio che infonde il suo soffio, parte di Se Stesso Infinito, nella polvere elevandola alla potenza di uomo e dona ad esso la Grazia che eleva la potenza dell'uomo animale alla potenza della vita e condizione di creatura soprannaturale, di figlio di Dio. Rm. 130 - 28.5.48

  • La Perfezione infinita ed eterna creò armonicamente tutte le cose e creature create e tutto il Creato può dirsi una sublime armonia che dura da quando è, per quanto riguarda le sempiterne leggi che regolano il corso degli astri e pianeti, l’avvicendarsi delle stagioni, il continuo ricrearsi delle specie animali e vegetali, perché alla creatura uomo non venga a mancare quanto è necessario alla sua vita terrena.
    Compiuta senza fatica, perché fatta ordinatamente, la creazione sarebbe continuata senza sforzo da parte delle creature, se il disordine non fosse venuto a turbare l’armonia dei Cieli con la ribellione di Lucifero e l’armonia dell’Eden con la ribellione dell’Uomo - Adamo.
    “Eden” era chiamato il luogo dove l’Uomo era stato creato e posto perché con la compagna lo popolasse, così come “Cielo” era chiamato il luogo dove gli angeli, spiriti puri, erano stati posti dopo essere stati creati da Dio, per adorarlo e servirlo nei secoli dei secoli. Eden vuol dire “giardino”, ossia luogo di delizie. Cielo vuol dire “Regno di Dio” , ossia luogo di santità e gaudio.  Se l’ordine non fosse stato volontariamente violato dalle creature che da Dio avevano ricevuto l’essere e luoghi di gaudio e delizie, l’Eden sarebbe rimasto Eden per tutti i discendenti dell’Uomo – Adamo e l’Inferno non sarebbe statoRm. 19.1.50
  • Nel Creato, gli elementi che erano confusi nel caos, ubbidirono ordinandosi. (..)  “Dio creò il cielo e la terra e la terra era informe e vuota, e le tenebre coprivano la faccia dell’abisso, e lo Spirito di Dio si librava sulle acque e Dio disse: “sia fatta la luce”.  Aria, acqua, fuoco e luce erano dunque fatti, ma non erano separati e ordinati. Dio comandò loro di separarsi e di ordinarsi, secondo la legge che Egli dava loro, ed essi ubbidirono e ubbidiscono da migliaia di anni, facendo il giorno e la notte, i mari e le terre, e lavorando, il fuoco, nelle vene del globo, a preparare i minerali dei quali l’uomo necessita. 
    Ubbidienza nel Creato: Dio dopo aver fatto il cielo, ossia gli strati dell’atmosfera, li sparse d’astri comandando loro di seguire una certa via immutabile, e gli astri ubbidirono. Dio dopo aver fatto la Terra, ossia dopo aver reso compatta e ordinata la materia, prima sparsa e confusa di polvere e di acque, creò le piante e gli animali della Terra e delle acque, e comandò loro di fruttificare e moltiplicare, e animali e piante, ubbidirono.
    Poi venne l’uomo, la creatura-re del creato, e Dio diede all’uomo comando di ubbidienza. E l’ubbidienza dell’uomo avrebbe mantenuto la Terra allo stato di un Paradiso terrestre, nel quale la morte, fame, guerre, sventure, malattie, fatiche, sarebbero state ignorate; un giocondo soggiorno di pace e amore nell’amicizia di Dio sarebbe stata la vita dell’uomo sino al suo passaggio alla Dimora celeste.  377- Az 5.1.47

  • Sarei un ben piccolo e limitato Iddio Creatore se non avessi creato che la Terra come mondo abitato! Con un palpito del mio volere ho suscitato mondi e mondi dal nulla e li ho proiettati, pulviscolo luminoso, nell’immensità del firmamento.
    La Terra, di cui siete tanto orgogliosi e feroci, non è che uno dei pulviscoli rotanti nell’infinito e non il più grande. Certo però è il più corrotto. Vite e vite pullulano nei milioni di mondi che sono la gioia del vostro sguardo nelle notti serene e la perfezione di Dio vi apparirà quando potrete vedere, con la vista intellettuale dello spirito congiunto a Dio, le meraviglie di quei mondi. 22.8.43

  • Quanti misteri ha ancora l’Universo per voi! Siete immersi nel mistero. Mistero di Dio. Mistero dei perché di Dio. Mistero delle leggi cosmiche. Mistero di rapporti fra questo vostro pianeta e gli altri mondi. 28.8.43 

  • Quando il Creatore creò la Terra, la trasse dal nulla adunando i gas dell’etere, già creato e divenuto il firmamento, in una massa che rotando si solidificò come valanga meteorica che sempre più cresceva intorno a un nucleo primitivo. (…)
    La Terra, formandosi così nella sua corsa di proiettile nebulare che si solidifica traversando gli spazi, dovette per forza rapire ad essi, emanazioni ed elementi provenienti da altre fonti, i quali e le quali, sono rimaste chiuse in essa sotto forma di fuochi vulcanici, zolfi, acque e minerali diversi, i quali affiorano alla superficie testimoniando la loro esistenza e i misteri, che con tutta la vostra scienza, non riuscite a spiegare con esatta verità, della Terra, pianeta creato dal nulla da Dio, Padre mio.11.12.43

  • La creazione attende di conoscere i figli di Dio per distinguerli dai figli del peccato. Quando lo conoscerà?  Quando, il tempo essendo finito, saranno passati nella grande rassegna tutti gli uomini e separati, secondo giustizia, i figli di Dio dai figli del peccato.
    Per ora è un lavoro continuo, incessante, per giungere a questa rivelazione. Ogni creatura lo deve compiere in se stessa e l’unione di tutte le creature e la conoscenza del lavoro di ognuno, darà la rivelazione dei figli di Dio da distinguersi da quelli che non vollero esserlo.
    Quando tutte le vite saranno riunite nella risurrezione finale, si comporrà il gran quadro della storia dell’umanità, di questo lato della creazione, il più eletto, e, per essere il più eletto, il più insidiato dall’Avversario che nei progenitori assoggettò tutta l’umanità alla vanità, con la permissione di Dio, per provare i suoi figli e poterli premiare con moltiplicati meriti per la loro santità, conseguita con sforzo proprio e non con dono gratuito di Dio. Az.203 - 7.7.46

giovedì 24 novembre 2016

La terra piatta nella bibbia


Questa è la forma della terra come Dio l'ha creata, un unica terra unita (pangea) a forma di fiore, con otto petali, con al centro Gerusalemme


martedì 1 novembre 2016

La creazione dell'uomo 1

La creazione dell'uomo 1



Ritornando al verso, (Genesi 1:27 Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina). 
L’uomo e la donna furono creati da Dio alla sua immagine, ma non è detto che Dio abbia usato la polvere, solo si suppone, ed allo stesso modo non è specificato, che la donna fu creata dalla costola dell’uomo, e c’è un motivo, perché nella prima creazione, furono creati separatamente, “Dio li creò maschio e femmina”. 
Ma quando, leggiamo il verso, Genesi 2:7 Allora l’Eterno Dio formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere vivente. 
Il verso Genesi 1:4b, (“quando furono creati. Nel giorno che Dio il SIGNORE fece la terra e i cieli), il discorso incomincia con “quando”. 
Vale a dire che l’esposizione dei fatti si stanno riferendo a quelli antecedenti, cioè alla creazione già detta al verso Genesi 1:27 “Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. E che il verso Genesi 2:7 si riferisce al verso 1:27 che l’uomo (maschio e femmina), fu creato con la polvere della terra. 
Ebbene, questo ci porta ad un’importante rivelazione, che vedremo sotto, perchè, da questo momento non sappiamo quanto tempo è passato, fino a quando, Dio decise di piantare il Giardino dell’Eden . 
Possiamo fare, però uno studio, con riferimento ai ritrovamenti archeologici che portano la data dell’esistenza dell’uomo a circa 10 milioni di anni fa, con pareri discordanti. 
Questa creazione, appunto, dell’uomo, (maschio e femmina), proviene dalla prima creazione, e su di loro non abbiamo notizie, se non attraverso i resti trovati, come detto sopra; supponendo che sono vissuti in comunità ed in tribù e che conoscevano la natura ed hanno lavorato, persino, l’oro. 
Diciamo che, dopo un certo tempo Dio decide di: 
Leggiamo il verso Genesi 2:8 Dio il SIGNORE piantò un giardino in Eden, a Oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato.
Dio piantò un giardino in Eden (in pianura); dopo aver scelto il luogo adatto per potere ospitare l’anima vivente, secondo i suoi piani, Dio, piantò, cioè colloca, delimita la superficie del Giardino. Non dice, che piantò, ma che fece germogliare ogni sorta di frutto. Al verso Genesi 2:8 dice ……….e pose l’uomo, (soltanto l’uomo), che aveva plasmato (nella prima creazione), come preannunzio dei fatti che seguiranno, e poi nel verso Genesi 2:9 dice in effetti cosa ha fatto.
Verso 10: Metterà Egli stesso, due alberi (speciali) proprio al centro del Giardino dell’Eden, uno della conoscenza del bene e del male, ed uno della vita.
Per irrigare il Giardino, Dio crea una sorgente d’acqua, e da essa, si formarono quattro fiumi; Il primo è Pison, che va verso il paese di Avila, dove c’è l’oro, e l’oro di quella terra è fine, qui c’è anche la resina odorosa, e la pietra d’onice, il secondo è Ghigon, il quale scorre su tutto il paese di Etiopia, il terzo è Tigri, esso scorre ad oriente di Assur, il quarto è l’Eufrate. 
Genesi 2:15 Dio il SIGNORE prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse.
Notiamo, che quando Dio prese l’uomo e lo pose nel Giardino, non prese la donna. 
L’uomo e la donna, nella prima creazione furono creati, come detto, separatamente; Dio li creò, maschio e femmina; da loro si formò tutta una generazione che aveva solo timore di Dio, e lo si intende da questo verso: (Genesi 4:15 Ma il SIGNORE gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte più di lui». Il SIGNORE mise un segno su Caino, perché nessuno, trovandolo, lo uccidesse).
Si badi che fino a questo punto, nel Giardino, vivevano, solo 3 persone, Adamo, Eva, (Abele fu ucciso) e Caino; quindi il popolo fuori del Giardino, era quello della prima creazione. 
Ma perché il popolo che avrebbe incontrato Caino, lo avrebbe dovuto uccidere? 
Vediamo che da un lato, vi è Caino che poteva essere ucciso, dall’altro abbiamo il segno che Dio fece su Caino che lo preservava da tale pericolo; certamente, doveva essere un segno evidente nella persona di Caino ed anche visibile a tutti. Ma importante è capire, come questo popolo conosceva Dio e il suo segno. 
Dal momento della prima creazione dell’uomo, (maschio e femmina) fino alla delimitazione del Giardino di Eden, non abbiamo evidenze che Dio ha avuto rapporti con l’uomo, e non sappiamo quanto tempo è passato; generazioni e popoli si sono susseguiti, ma ecco che quando Dio decise di piantare il Giardino di Eden, allora scatta il progetto della nuova generazione, poiché la prima, lo conosceva, ma non aveva un rapporto di adorazione nei confronti di Dio. 
Infatti solo, dopo la seconda creazione, abbiamo l’adorazione a Dio:
(Genesi 4:26 Anche a Set nacque un figlio, che chiamò Enos. Allora si cominciò a invocare il nome del SIGNORE). 
Detto questo, ritorniamo al verso Genesi 2:15 (Dio il SIGNORE prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse). 
La prima cosa che Dio ordina all’uomo è la Legge, al verso (Genesi 2:16 Dio, il SIGNORE ordinò all’uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino,
(17 ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai). 
Non si può gustare la libertà se non si osserva la Legge, Dio ha dettato all’uomo le condizioni della vita e della morte, ha dato all’uomo il libero arbitrio; ha dato all’uomo fiducia, e non solo, ma anche il privilegio di vivere nella presenza di Dio. Questo è il principio dettato da Dio, nella seconda creazione, per avvicinare l’uomo a se stesso e tutelarlo come sua creatura. 

sabato 15 ottobre 2016

Ruàch (spirito) è un sostantivo ebraico femminile ma tradotto al maschile. Perché?

Ruàch è quel termine che ha per affine il greco pneuma e ricorre centinaia di volte. L’idea che vuole trasmettere è «aria in movimento» e in tutta la Bibbia si riferisce sempre ad un qualcosa che riguarda la sfera dello spirituale, i sentimenti, l’intelletto, i doni e talenti artistici, la ragione, per estensione il vento, gli odori e la vita degli uomini e animali. Per non destare a equivoci, la ruàch (sostantivo femminile) mai ha a che fare con qualcosa di materiale. Per maggiori approfondimenti si consiglia di prendere visione del dizionario Koehler & Baumgartner.
Sembra esserci una spiegazione per la quale viene usata una parola femminile per designare la presenza di Elohìm che tradizionalmente viene tradotta con il maschile “spirito”. Il Salmo 33:6 dice che Elohìm creò mediante la Sua Parola e la sua Ruàch; Egli diede dunque inizio alla creazione e alla vita come una madre sebbene la Scrittura designa Dio come “Padre”. Questo indica l’identità duale del Creatore, non che fosse maschioeffemmina, cioè androgino, ma che essendo Spirito (Giovanni 4:24) e non materia non possiede un genere sessuale come per le creature viventi della Terra che procreano in maniera autonoma, ma nel senso che è sia il “Padre” della Creazione che “Madre” della natura. È interessante notare, invece, che nel greco della Septuaginta e del Nuovo Testamento, viene utilizzato il corrispondente pneuma che questa volta è di genere neutro. Il genere neutro, nel greco come per il latino, non indica un genere sessuale specifico, quindi pneuma rende più l’idea dell’asessualità di Elohìm in quanto pur essendo sia “Padre” che “Madre” non è né maschio né femmina né maschioeffemmina. La figura materna di Dio, poi, appare in tutto il suo tenero amore in un passo di Osea 11:1-4.
Proprio con il femminile vengono collegati alcuni attributi di Dio. Esodo 34:6 ci parla di «Elohìm misericordioso e pietoso» e nel testo ebraico suona rachùm vechannùn, letteralmente «pietoso e grazioso», ed entrambi derivano dalla radice rechém che significa «seno materno».

Introduzione

Secondo le nostre più comuni traduzioni del Deuteronomio 32:8 (conosciuto come “Cantico di Mosé”) si legge che«quando Elyon (l’Altissimo) diede alle nazioni la loro eredità, quando separò i figli degli uomini, Egli fissò i confini dei popoli tenendo conto del numero dei figli d’Israele». In questo passo leggiamo in maniera chiara e semplice che l’Altissimo, il Dio supremo dell’Antico Testamento, assegna agli uomini le proprie nazioni con i rispettivi confini territoriali.
Lo studioso Mauro Biglino sostiene che i Rotoli del Mar Morto sarebbero contrastanti con il passo biblico in questione, in quanto tali manoscritti non direbbero che Elyon divise i confini della Terra fra i figli d’Israele, bensì fra i «figli di Elohìm», a suo dire «i figli degli déi» «i figli di quelli là…». Tuttavia, spinto da un forte desiderio di capire quanto Biglino abbia ragione o meno (sono sempre molto restio nel credere a quello che dice questo personaggio), ho chiesto consulenza ad un esperto dei rotoli del Mar Morto, David Adamovich, decisamente più esperto di me e di Biglino riguardo a questo materiale. David Adamovich rappresenta l’Associazione Amici dei Rotoli e tiene ripetutamente delle conferenze in tutta Italia ed è spesso invitato in varie trasmissioni televisive. Ponendo la questione all’amico David chiedendogli di farmi sapere quale fosse il reale contenuto dei manoscritti di Qumran interessati, sono riuscito ad avere le risposte che già mi immaginavo.

Le informazioni ricevute da David Adamovich

David Adamovic intervistato a TV7
David Adamovich a TV7
Anzitutto il documento di Qumran del Deuteronomio 32:8  che esamineremo adesso porta il seguente codice identificativo

4QDeut-j

  • Il numero “4” indica la numerazione della quarta grotta (delle undici grotte scoperte) all’interno della quale fu ritrovato il suddetto manoscritto;
  • La lettera “Q” indica l’iniziale di Qumràn;
  • L’abbreviazione “Deut” identifica il libro biblico;
  • La “j” indica la copia del suddetto rotolo, ovvero: sono state scoperte più copie del Deuteronomio – la “numerazione” segue l’ordine delle lettere dell’alfabeto internazionale: a (1), b (2), c (3), e cosi via. Ciò significa che la lettera J corrisponde alla copia numero 10 del Deuteronomio perchè è la decima lettera dell’alfabeto internazionale.
Frammento del 4QDeut-j
Frammento del 4QDeut-j
Il contenuto del Deuteronomio 32 si trova anche in altre copie di altri rotoli e frammenti, quali: 4QDeut-b; 4QDeut-c; 4QPaleoDeut-r; 4QDeut-q; 4QDeut-k1; 1QDeut-b, etc. Tali copie sono fondamentali perché insieme al nostro 4QDeut-j si può osservare tutto il contesto dell’intero capitolo 32 Qumranense che gli autori del manoscritto (gli Esseni o Figli della Luce) ci hanno voluto tramandare. Al contrario di quello che fa Mauro Biglino, noi analizzeremo tutto il contesto e non solo il singolo versetto (cioé uscire il testo fuori dal contesto per farne un solo un pretesto…).
Effettivamente bisogna riconoscere che nel versetto 8 del frammento di Qumran si scopre che non si trova scritto«figli d’Israele» come riportato dai Masoreti, bensì «bené elohim»! Quì sembra che Biglino abbia proprio ragione, almeno dal punto di vista prettamente letterale (ma non interpretativo); ma capiremo presto perché “sembra” avere ragione mentre in realtà non ha assolutamente ragione.
Il TM e la Torah Samaritana (SP) riportano la dicitura «figli d’Israele» mentre la Septuaginta (LXX) riporta come scritto in 4QDeut-j. A prima vista, come già detto, questo dato sembrerebbe dare credito alle analisi di Biglino. Ma andiamo avanti.
Tuttavia, nell’attenta analisi di tutto il capitolo riportato nel TM e dell’analisi di tutte le copie dei frammenti di Qumran di questo passo, si evince che all’interno dello stesso capitolo 32 (del Deuteronomio di Qumran) si capisce bene chi sono questi «figli di Elohìm»:
  • Il versetto 6 di Qumràn è uguale al versetto 6 delle nostre comuni Bibbie, dove si legge: «È questa la ricompensa che date a Yehwàh, o popolo insensato e privo di saggezza? Non è Lui il padre che ti ha acquistato? Non è Lui che ti ha fatto e stabilito?» (NRV) (N.B. Il verso è rivolto agli Israeliti: «[…] il padre[…] Lui che ti ha fatto […]»). Quì sembra leggere in maniera inequivocabile che Yehwàh viene descritto il “padre” di una nazione;
  • Nel versetto 8 si parla dei «figli di Elohìm» ma il versetto 19 rivela una volta per tutte chi sono questi “figli”: il v.19 di Qumran è identico a quello delle nostre Bibbie: «E ha visto Yehwàh, rinnegando i Suoi figli e le Sue figlie che l’avevano irritato» (NRV), e poi si vede ancora che il 4QDeut-j prosegue nel versetto 20 e 21parlando chiaramente degli Israeliti e non di “figli degli déi” intesi come “pluralità di individui che vengono dallo spazio” o come direbbe Biglino «figli di quelli là…».
Insomma, questa è una prova straordinaria in quanto nel testo più antico del Deuteronomio che abbiamo oggi a disposizione (quello di Qumran 4QDeut-j), quindi al capitolo 32, si ha la chiara dimostrazione che la frase «figli di Elohìm» è contestualmente riferita ai «figli d’Israele»! Biglino non sbaglia nel dire che il TM e il testo di Qumran non dicano “letteralmente” la stessa cosa, ma è il contesto che ci aiuta a caprie che «quelli là…» sono semplicemente degli esseri umani.
Si ricordi che nei precedenti versetti dello stesso capitolo si dice proprio così (v.18) e ciò che viene riportato nelle antiche copie di Qumran è perfettamente riscontrabile con quello che noi possiamo leggere oggi nelle “Bibbie che abbiamo in casa”«Hai abbandonato la Ròcca che ti diede la vita, e hai dimenticato El che ti mise al mondo» –«Ti ha generato Yehwàh, la Ròcca […], ti ha formato, Lui ti ha fatto, Lui […] tuo Padre […] voi» – v.19 «Suoi figli e Sue figlie […]».
Mauro Biglino sbaglia, ma per non rendere palese il suo errore “interpreta” il passo a modo suo ad un pubblico completamente ignorante in materia, affinché le sue ipotesi possano quadrare e continuare a credere agli alieni (per carità, sono liberi di credere a ciò che vogliono). Troppo facile citare i Rotoli di Qumràn quando non è da tutti poter attingere direttamente ai codici antichi e non poterli leggere coi propri occhi. Troppo facile dire a un pubblico “cieco” «nei rotoli di Qumràn c’è scritto così..» quando basta considerare il contesto dello scritto per capire di chi si sta parlando. Sì, certo, nei frammenti di Qumràn «c’è scritto così…» ma ciò che è «scritto così…» non significa quello che Biglino vuole spiegare. Oltretutto, dal contesto dell’intero libro del Deuteronomio si evince che ai figli di Elohìmcioè agli Israeliti – probabilmente riferito ai Sacerdoti (leggi articolo correlato) – la Terra viene divisa, cioè spartita in nazioni come ricorda anche Dt 29:7-8.
Quindi, è molto naturale capire il perché i Masoreti abbiano deciso di scrivere “figli d’Israele” anziché “figli di Elohìm”, perché nel capitolo 32 si parla di loro come «figli e le figlie […]» di Elohìm, cioè di Yehwàh, e non di alieni, Anunnaki e via dicendo. Forse i Masoreti si sono avvalsi della facoltà di scrivere in un modo piuttosto che in un altro, ma il significato rimane sempre quello, il “succo” del discorso è invariato. Diciamo che i Masoreti hanno reso più “comprensibile” quello che troviamo scritto nella Septuaginta e nei testi di Qumràn.
Quando i Masoreti erano già al lavoro al Testo Masoretico (fra il V sec. e il X sec. d.C.), i rotoli di Qumran non erano ancora stati scoperti, quindi è imposibile che abbiano attinto le loro informazioni da questi testi. Invece disponevano della Septuaginta (come ce lo testimoniano le loro annotazioni), e qualora riscontravano degli errori, i Masoreti li correggevano e magari rendevano il Testo più leggibile. Non a caso i Masoreti venivano chiamati«baalì ha-mmasorah», letteralmente “signori della tradizione”. Al contrario di quanto pensa Biglino e altri speculatori, i Masoreti non hanno affatto speculato sul Testo biblico, anzi, hanno cercato di riportarlo all’originale tradizione ebraica che i Settanta avevano deviato a causa delle loro influenze tradizionali egizie.
Pe completezza di informazioni, ci tengo a precisare che il capitolo 32 del Deuteronomio è un riferimento alla Genesi, precisamente all’epoca di Peleg, dopo il Diluvio, quando «ai suoi giorni la Terra fu spartita […]» (Gn10:25).

Il Testo Masoretico più da vicino

masoretico e masora deut 32
fig.1 – Pagina della Biblia Hebraica Stuttgartesia – Dt 32:8 con le note esplicative.
Nell’immagine qui a sinistra riporto la scansione della pagina del Deuteronomio 32:8 della mia copia del Testo Masoretico di Leningrado, Editio Funditus Renovata by K. Elliger et W. Rudolph,1997.
Un commentatore di questo articolo, il sig. Francesco Santopietro, mi chiede giustamente:
«Io voglio dire che se in un testo non si vuole celare niente, si lascia quello che c’è con delle note a piè pagina dove si spiegano delle cose su quelle determiante espressioni, perchè per “figli d’israele” si vuole far capire al lettore comune che quelli sono i figli degli israeliti, cioè della gente, delle persone, quando non è così»
Evidentemente il sig. Santopietro non conosce il Testo Masoretico, tanto meno che nel TM ci sia lamasora parva e la masora magna, ovvero delle note a pié di pagina e ai margini laterali inserite proprio dagli stessi Masoreti per spiegare determinati passaggi. Santopietro si chiede anchecome mai nelle nostre traduzioni non abbiano delle note esplicative che spieghino qualcosa. Tuttavia il TM vale molto di più delle note eplicative delle nostre traduzioni, quindi è alle note del TM che faccio affidamento. Personalmente non mi occupo delle altre traduzioni, ma dei testi originali “standard”. Se il Santopietro avesse saputo che i Masoreti hanno già scritto delle loro note esplicative, certamente non mi avrebbe posto questa attenzione, ma dalle sue continue risposte critiche si evince che non accetta nemmeno che i Masoreti abbiano persino dato le loro spiegazioni nelle note che tutti possono vedere nella fig.1 e fig.3. Ebbene, esaminiamo il Testo Masoretico:
  • [figg.1 e 2] In azzurro ho evidenziato il verso 8; in fuchsia ho evidenziato la frase «bené Ysrael» (figli d’Israele).
fig.2
fig.2 – Deuteronomio 32:8 come riportato nel Testo Masoretico di Leningrado
  • Più in basso si possono consultaer le annotazioni dell’editore per spiegare il versetto, ma che manchino delle annotazioni da parte dei Masoreti non mi risulta. I Masoreti annotano spessi le frasi “si legga ma non sta scritto”, per far capire al lettore il loro intervento sul Testo, ma senza modificarne il contenuto che a sua volta viene spiegato nelle note ai margini. Ma questo Mauro Biglino non lo dice mai!
masora deut 28
fig.3 – Nota 8 al passo di Deuteronomio 32:8
  • Guardiamo la fig.3: alla nota “8” nella dicitura evidenziata in arancione si legge la frase greca ἀγγέλων θεοῦ, «angélon Theoú» [angeli-di Dio] tratta dalla Septuaginta, mentre in verde si leggono le frasi ebraiche «bené elìm» vel «bené el». Curioso notare come gli stessi Masoreti – sono loro stessi a dircelo nelle loro note esplicative – abbiano attinto le loro informazioni da un testo in cui c’era scritto «elim» anziché «elohìm». Nota da ricordare è che le Scritture identificano gli «elim» in modo esplicito come“divinità pagane”. Infatti, sempre nel contesto, si evince che questi «figli e figlie» (v.19) sono stati rinnegati da Elohìm perché questi ultimi si erano dimenticati che «Elohìm li mise al mondo»  dandosi al culto verso gli habelehém, gli idoli di pietra (Dt 32:18 – riferito ai figli d’Israele!).
  • Tuttavia viene spiegato dai Masoreti che «elim» è il plurale di «el». Questo ormai anche i bambini lo sanno. Biglino dice, correttamente, che nei testi di Qumran ci sia scritto «elohìm», che invece è il plurale di «eloah». I Masoreti non dicono che nei documenti che avevano a disposizione nella loro epoca ci fosse scritto «elohìm» (quindi è chiaro che non avevano i rotoli di Qumràn con loro). Attenzione! Questo si evince dalle note esplicative che ci hanno lasciato!

Conclusione

Da come si può evincere, attraverso questa disamina tratta in parte dall’esperienza di un esperto dei rotoli di Qumràn, David Adamovich, l’errore di Mauro Biglino sta nell’interpretazione del contesto, non da quello che è “letteralmente scritto”. In modo erroneo considera un singolissimo versetto senza considerare il tutto contesto, ingannando i suoi ammiratori che lo seguono con tanto interesse e grinta. Se solo tutti i suoi fan si mettessero a studiare davvero le lingue bibliche, almeno le basi, a considerare tutto il contesto di quello che leggono, constaterebbero subito che Biglino è un semplice “cantastorie” che fa – a suo dire – «il lavoro più idiota del mondo», ovvero «raccontare quello che c’è scritto». Un conto è “raccontare”o “ripetere” quello che c’è scritto, un altro conto è “spiegare come di dovere” quello che c’è scritto. Tutti siamo bravi a “ripetere”, anche alcune specie di volatili come il pappagallo e il merlo indiano sono dei veri maestri nel “ripetere” le cose.
Si analizzi adesso il contesto del capitolo 32 del Deuteromonio ai primi 21 versetti…
1 «Porgete orecchio, o cieli, e Io parlerò; e ascolti la Terra le parole della mia bocca. 2 Si spanda il mio insegnamento come la pioggia, stilli la mia parola come la rugiada, come la pioggerella sopra la verdura e come un acquazzone sopra l’erba, 3 poiché Io proclamerò il nome di Yehwàh. Magnificate il nostro Elohìm!4 Egli è la Ròcca, l’opera Sua è perfetta, poiché tutte le Sue vie sono giustizia. El è fedele e senza iniquità. Egli è giusto e retto. 5 Hanno agito perversamente contro di Lui; non sono suoi figli, questi corrotti, razza storta e perversa. 6 È questa la ricompensa che date a Yehwàh, o popolo insensato e privo di saggezza? Non è Lui il padre che ti ha acquistato? Non è Lui che ti ha fatto e stabilito?
7 Ricòrdati dei giorni antichi, considera gli anni delle età passate, interroga tuo padre ed egli te lo farà conoscere, i tuoi vecchi ed essi te lo diranno. 8 Quando l’Altissimo diede alle nazioni la loro eredità, quando separò i figli degli uomini, egli fissò i confini dei popoli, tenendo conto del numero dei figli d’Israele. 9 Poiché la parte di Yehwàh è il Suo popolo, Giacobbe è la porzione della Sua eredità. 10 Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine piena d’urli e di desolazione. Egli lo circondò, ne prese cura, lo custodì come la pupilla dei Suoi occhi. 11 Come un’aquila che desta la sua nidiata, volteggia sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle penne. 12 Yehwàh solo lo ha condotto e nessun el straniero era con lui. 13 Egli lo ha fatto passare a cavallo sulle alture della Terra e Israele ha mangiato il prodotto dei campi; gli ha fatto succhiare il miele che esce dalla rupe, l’olio che esce dalle rocce più dure,14 la crema delle vacche e il latte delle pecore. Lo ha nutrito con il grasso degli agnelli, dei montoni di Basan e dei capri, con la farina del fior fiore del grano. Tu hai bevuto il vino generoso, il sangue dell’uva. 15Yesurun si è fatto grasso e ha recalcitrato, si è fatto grasso, grosso e pingue, ha abbandonato Eloah che lo ha fatto e ha disprezzato la Ròcca della sua salvezza. 16 Essi lo hanno fatto ingelosire, lo hanno irritato con pratiche abominevoli. 17 Hanno sacrificato a shedìm che non sono Eloah, elohìm che non avevano conosciuto, elohìm nuovi, apparsi di recente, che i vostri padri non avevano temuto. 18 Hai abbandonato la Ròcca che ti diede la vita, e hai dimenticato El che ti mise al mondo. 19 Yehwàh lo ha visto, e ha rinnegato i suoi figli e le sue figlie che l’avevano irritato; 20 e ha detto: “Io nasconderò loro il mio volto e starò a vedere quale sarà la loro fine; poiché sono una razza perversa, sono figli infedeli21 Essi mi hanno fatto ingelosire con ciò che non è El, mi hanno irritato con i loro habelehém; e io li renderò gelosi con gente che non è un popolo, li irriterò con una nazione stolta…