mercoledì 24 luglio 2019

Genesi 2,18 - LA CREAZIONE della Donna «Dio la fece entrare nell’uomo»

Seimila anni fa la creazione della Donna ha reso l'Adamo più somigliante a Dio e fu così che si insupebì.


In Genesi 2,18 la donna viene definita ezer k'negdô, in italiano «aiuto simile». Ma in ebraico ezer è un termine che si riferisce a chi sa insegnare la strada e guidare accompagnando. Questa è la donna! Nel libro di Giobbe ezerviene applicato a chi soccorre il povero, l’abbandonato, il misero. E allora, quando Dio vede che l’uomo ripiegato sul suo “stesso lato” è zoppicante, gli crea la donna capace di insegnargli a camminare accompagnandolo, di indicargli la strada e di soccorrerlo. Perché l’uomo è come un povero abbandonato a se stesso. 

Ma c’è di più: nei Salmi (cfr. Sal 118; 119; 121) ezer è Dio stesso: «Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore» (Sal 121,1-2). Ecco il compito della donna nei confronti dell’uomo: essere “alterità” che sa accompagnare e indicare la strada… come Dio! La donna permette all’uomo di camminare dritto e spedito, di non essere zoppo e ripiegato sulla sua stessa parte. La donna, come altra da sé, genera nel creato l’alterità nell’unità della relazione dei distinti.

 E per concludere: dopo aver creato la donna, Dio «la condusse all’uomo» (Gen 2,22). Ma il testo ebraico recita letteralmente: «Dio la fece entrare nell’uomo».


BRANO TRATTO DA: 

Lectio biblica su Genesi 1,26-28 
Convegno Nazionale CEI Pastorale Familiare 
Nocera Umbra, 26 aprile 2014 



 Mario Russotto 
Vescovo di Caltanissetta 

giovedì 6 settembre 2018

Cosa vuol dire che l’uomo è creato «a somiglianza» di Dio?

Tutti conosciamo il brano della Genesi dove è descritta la creazione dell'uomo. Cosa significa che noi siamo stati fatti a «somiglianza» del Creatore? 
Risponde padre Athos Turchi, docente di Filosofia alla Facoltà teologica dell'Italia centrale.
Michelangelo, Dio Padre
06/02/2016

Che cosa significa precisamente che Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza? In cosa somigliamo a Dio? E in cosa siamo diversi?

Enzo Chiari

Il lettore si riferisce a questo testo: «Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza… e Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen. 1,26-27). Ma c’è anche un testo che è molto più esplicito nel dire la somiglianza tra Dio e l’uomo: «Quando Dio creò l’uomo, lo fece simile a sé. Lo creò maschio e femmina, li benedisse, e quando furono creati pose loro il nome di “Uomo”» (Gen. 5, 1-2).
Un’immagine è la riproduzione più o meno esatta di qualcosa, la somiglianza significa che ne riproduce sia l’aspetto esteriore, sia aspetti, qualità, caratteri intrinseci. E che l’uomo possa somigliare a Dio lo dice anche Gesù a Filippo che gli chiede di mostrare loro il Padre: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9).

La diversità è facilmente comprensibile: Dio è spirito e l’uomo è carne e materia. Dio è l’essere assoluto, l’uomo è un essere relativo, anzi nulla. Dio è creatore e l’uomo è il suo prodotto. L’uomo nasce come altro dai genitori e in sé individua persona, Dio è eterno nella sua trinità di persone… un abisso di diversità.

Invece per dire in cosa somigliamo è bene prima dire com’è Dio. Dio è uno e trino, un’unica sostanza e tre relazioni, che non partiscono la natura, ma la costituiscono nella sua indivisibilità e semplicità. Dio è Padre e Figlio e Spirito santo: tre persone che non sono tre individui ma l’unica e indivisibile natura divina.

L’uomo può rassomigliare a un Essere del genere?

Dio - dice la Genesi - perché l’uomo potesse somigliargli lo fece maschio e femmina, dunque la mascolinità e la femminilità sono i due aspetti che esprimono bene la trinità e la indivisibilità di Dio. Perciò la mascolinità e la femminilità non sono due optional del corpo umano come i capelli o il colore della pelle, ma la sessualità è una natura della natura ed è essenziale per la definizione dell’uomo. Stando a Genesi cap. 5, l’uomo è una sostanza razionale di due persone una maschile e una femminile: è una indivisa unità di maschio e di femmina. Il concetto di corpo lo comprova: il corpo umano è un genere rispetto alle due differenze specifiche che sono la mascolinità e la femminilità. Per questo motivo: «L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola» (Gen. 2,24).

L’essere umano dunque è a immagine e somiglianza di Dio quando unendosi l’uomo con la donna formano un corpo solo, un’anima sola, una unica vita, una sola esistenza. Non dobbiamo lasciarci ingannare dalla dualità personale e sessuale, perché queste sono in funzione dell’unità e non della distinzione: maschio e femmina non sono due cose diverse che si uniscono, ma una sola cosa distinta nelle sue componenti. Ma attenzione, non dobbiamo qui pensare come a una moneta spezzata in due che si riunisce, tale immagine c’inganna, infatti a mio avviso la peculiarità più profonda nella quale l’essere umano è a immagine e somiglianza di Dio sta proprio nel fatto che pur essendo la persona maschio e la persona femmina tra loro correlative e intersoggettive, e fatti l’uno per l’altra e viceversa, sono tuttavia ciascuno, in se stesso, pienamente umani, come nella Trinità dove le persone divine sono ciascuna pienamente Dio, pur non dividendosi l’essere o natura divina. Il Padre è pienamente Dio come il Figlio, come lo Spirito. Sono così tre persone distinte ma non divise, correlate ma non diverse. E l’essere umano sta proprio nel fatto che il maschio non è mezza natura umana e la femmina non è l’altra metà, ma essendo entrambi pienamente umani proprio per questo formano nell’unione matrimoniale l’unico e indiviso essere umano.

Che cosa rende indivisi l’uomo e la donna allo stesso modo di Dio, anche se in forma analogica? L’amore. L’amore è anche un affetto, è anche un sentimento, è anche un’emozione, o meglio questi sono caratteri che rivelano l’amore, perché, soprattutto, esso è quella pasta che forma il corpo umano. Il corpo umano è esattamente la materia dell’amore dove le due persone vanno a fondersi nell’indivisa unità dell’essere umano. L’amore, come lo Spirito Santo, è nell’uomo una condizione, uno status, una missione, un habitat, perché è l’unità, cioè il fondersi stesso dell’uomo e della donna. È l’amore che giustifica l’esistenza dell’uomo, è l’amore che è il senso ultimo, profondo e radicale dell’essere umano. Esso è testimone perenne ed eterno che l’uomo e la donna non sono due persone diverse, ma un unico e indiviso essere, e come Dio è amore, e proprio l’amore lo fonda nella sua unità e trinità, così l’uomo è amore, e l’essenza e la natura dell’amore sono le persone stesse che amandosi formano una carne sola, cioè un unico individuo umano. Ecco, questo è Dio come immagine e somiglianza.

Ripetiamo allora il testo di Genesi perché descrive l’uomo quale esatto modello, e anche venuto bene, di Dio: «Quando Dio creò l’uomo, lo fece simile a sé. Lo creò maschio e femmina, li benedisse, e quando furono creati pose loro il nome di “Uomo”». Così il Nome della persona-maschio e della persona-femmina mentre si amano è Uomo, Uomo come il nome proprio di Pietro è Pietro. Questo Uomo è analogicamente Dio stesso. E Gesù lo conferma contro tutta la tradizione ebraica: «Così non sono più due, ma una carne sola, e l’uomo non separi quello che Dio ha congiunto» (Mt. 19,6). In sintesi: Dio sta alla sua natura una e trina come Uomo sta alla sua natura maschile e femminile, questo dice la Bibbia.

Athos Turchi

sabato 17 giugno 2017

Valtorta - Peccato Originale

  • Per conoscere esattamente il pensiero dell’Opera di M. Valtorta riguardo al Peccato Originale, è opportuno ricordare la Genesi e radunare con ordine vari elementi disseminati in questi e in altri scritti dello stesso autore

  • 1 – Dio creò gli angeli, tutti indistintamente buoni. Ma uno di essi divenne malvagio e trasse seco una moltitudine di altri angelici spiriti; “Lucifero era angelo, il più bello degli angeli. Spirito perfetto, inferiore a Dio soltanto. Eppure nel suo essere luminoso nacque un vapore si superbia che esso non disperse, ma anzi condensò covandolo. Da questa incubazione è nato il Male”. pag.     In un altro scritto si determina che tale peccato di superbia consisté nel desiderio disordinato di essere simile a Dio, di essere come Dio, cioè: creatore. Gli angeli che, seguendo l’esempio divinamente pre mostrato dell’umilissima, ubbidientissima e castissima Madre (pro-creatrice) di Dio, rimasero umili, ubbidienti e spiritualmente temperanti, ottennero in premio fissa dimora nel Cielo di Dio. Lucifero invece e gli altri superbi disubbidienti e spiritualmente intemperanti, furono per punizione cacciati per sempre dal Paradiso celeste.

  • 2 – Dio inoltre creò l’universo sensibile e in esso il mondo con minerali, piante, animali: e tutte queste cose erano buone. (Genesi. 1, 1-25).

  • 3 – Finalmente Iddio a sua immagine e somiglianza formò l’uomo e la donna, traendo questa da quello, li benedisse dicendo loro di essere fecondi, moltiplicarsi, riempire la terra, dominare tutti gli animali. Adamo intuì e profetò che per la donna, l’uomo avrebbe abbandonato padre e madre, si sarebbe unito alla sua sposa e i due sarebbero divenuti una sola carne. I due vivevano nudi e l’uno non si vergognava dell’altro. Dio li collocò nel Paradiso terrestre perché lo coltivassero e lo custodissero e dette loro in cibo le erbe e le piante (Gen. 1, 26; 2,25). Non gli animali (se non dopo il Peccato e il diluvio: Gen. 9,1-7).

  • 4 – Tra le piante spiccavano l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male (Gen.2,9). Alberi veri o soltanto simbolici? Alberi veri e in più simbolo e causa di realtà o effetti reali? La scrittrice sembra propendere verso alberi veri con veri frutti, però con portata anche simbolica, se si osserva il testo (17.4, 17.12, 17.14, 17.17).

  • 5 – Dio, che aveva permesso all’uomo di cibarsi di qualsiasi erba o albero, gli proibisce invece, sotto pena di morte, di nutrirsi del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male (Gen. 2, 16-
  • 17). 

  • Il senso profondo di tale proibizione, secondo la scrittrice,  sarebbe il seguente: “Dio aveva detto all’uomo e alla donna: “Conoscete tutte le leggi e i misteri del creato ma, non vogliate usurparmi il diritto di essere il Creatore dell’uomo. A propagare la stirpe umana basterà il mio amore che circolerà in voi e senza libidine di senso, ma solo per palpito di carità susciterà i nuovi Adamo della stirpe. Tutto vi dono. Solo mi serbo questo mistero della formazione dell’uomo” (17.4). Secondo la scrittrice, dunque, questa “conoscenza” si riferirebbe alla procreazione, al mistero e al rito procreativo, un po’ come in Genesi 4, 1 e poi attraverso tutta la Bibbia; finché non ebbero questa particolare “conoscenza” non si vergognarono della nudità, come universalmente e anche oggi i piccoli non provano rossore finché incapaci di discernere tra il bene e il male morale o almeno di avvertire tale male.

  • 6 – Ma come in Lucifero nacque spontaneamente un vapore di superbia (desiderando di diventare come Dio, cioè creatore, così per odio, invidia, bramosia di vedere al demonio associato l’uomo nel peccato e nella cacciata dal Paradiso, per istigazione satanica,  nasce in Eva un vapore di superbia, desiderando disordinatamente di essere simile a Dio, uguale a Dio, (procreatrice) … Per arrivare a conoscere questo mistero, queste leggi della vita, presumendo di sé, non si tiene lontana dalla pianta della conoscenza del bene e del male ma si avvicina ad essa, pronta a ricevere la rivelazione del mistero, non dal puro insegnamento e influsso divino ma, dall’impuro insegnamento e influsso diabolico: “Eva va alla pianta … La sua presunzione la rovina. La presunzione è già lievito di superbia” (17.12).

  • 7 – Alla pianta della conoscenza del bene e del male Eva trova il seduttore che con menzogna la induce alla disubbidienza, cioè a trasgredire il comando di Dio (Gen. 3, 1-5). Secondo la scrittrice, a desiderare disordinatamente la somiglianza con Dio creatore nella procreazione (superbia), perciò a disubbidirgli (disubbidienza) mangiando il frutto della pianta della conoscenza del bene e del male: “Alla pianta trova il Seduttore il quale … canta la canzone della menzogna. “Tu credi che qui sia del male? No. Dio te l’ha detto perché vi vuol tenere schiavi del suo potere. Credete d’essere re? Non siete neppur liberi come lo è la fiera. A essa è concesso di amarsi d’amor vero … d’essere creatrice come Dio … La vita vera è di conoscere le leggi della vita, allora sarete simili a dei e potrete dire a Dio: “Siamo tuoi uguali” (17.12).

  • 8 – Eva, pur di raggiungere il fine della prospettata e decantata somiglianza o uguaglianza con Dio creatore attraverso la procreazione, ingannata dalle parole e cedendo alle lusinghe del Seduttore, non rifugge dai mezzi, quindi trasgredisce il divino comando o la divina proibizione (Gen. 3,6), si abbandona al piacere della golosità e della carne. Perciò oltre che per superbia, pecca per disubbidienza, golosità, lussuria: “ … Dio aveva detto all’uomo e alla donna:  “Tutto vi dono, solo mi serbo questo mistero della formazione dell’uomo”. Satana ha voluto levare questa verginità intellettuale all’uomo e con la sua lingua serpentina ha blandito e accarezzato membra e occhi di Eva, suscitandone riflessi e acutezze che prima non avevano perché la malizia non li aveva intossicati. Essa “vide” e vedendo volle provare. La carne era destata. Oh, se avesse chiamato Dio! … Il Padre l’avrebbe … guarita … ma Eva non va al Padre. Eva torna dal Serpente. Quella sensazione è dolce per lei. “Vedendo che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello all’occhio e gradevole all’aspetto, lo colse e ne mangiò e “ comprese”. Ormai la malizia era scesa a morderle le viscere. Vide con occhi nuovi e udì con orecchi nuovi gli usi e le voci dei bruti e li bramò con folle bramosia. Iniziò sola il peccato, lo portò a termine col compagno …” (17.5 – 17.6).

  • 9 – Ammaestrata e sedotta da Satana, dal Serpente, Eva dunque è caduta in un peccato dai quattro nomi: superbia, disubbidienza, golosità, lussuria e da discepola e sedotta, Eva diviene riguardo di Adamo, maestra e seduttrice. Quel peccato quadruplice che Eva aveva commesso per istigazione diabolica, Adamo lo commette per istigazione muliebre: “iniziò da sola il peccato, lo portò a termine col compagno”. Ecco perché sulla donna pesa condanna maggiore. E’ per lei che l’uomo è divenuto ribelle a Dio e ha conosciuto lussuria e morte. E’ per lei che non ha più saputo dominare i suoi tre regni: dello spirito perché ha permesso che lo spirito disubbidisse a Dio; del morale, perché ha permesso che le passioni lo signoreggiassero; della carne, perché l’avvilì alle leggi istintive dei bruti. 

  • “Il Serpente mi ha sedotto” dice Eva. “La donna mi ha offerto il frutto ed io ne ho mangiato” dice Adamo, e la cupidigia triplice abbranca da allora i tre regni dell’uomo. 17.6

  • 10 – In conseguenza di tale quadruplice peccato (cioè di superbia, disubbidienza, golosità, lussuria) e particolarmente a causa del quarto peccato (lussuria), coronamento di tutta l’infelice opera peccaminosa, come cosa che si può connettere con la colpa di superbia o disubbidienza o golosità ma che meglio si collega con una colpa di lussuria, gli occhi di Adamo ed Eva si aprono ed essi si accorgono d’essere nudi, preparano perizomi di foglie di fico e se li adattano. (Gen. 3,7).

  • 11 – Così peccando i Due muoiono nello spirito alla Grazia e in punizione del peccato Dio colpisce i progenitori e gli eredi con la pena della morte e dell’incenerimento del corpo da subirsi a suo tempo; inoltre, colpisce la donna nella sua qualità di madre e sposa, l’uomo in quella di lavoratore (Gen.3, 16-19). A queste condanne Iddio aggiunge la cacciata dal Paradiso terrestre (immagine dell’esclusione dal Paradiso celeste) e perciò la perdita della famigliarità divina (Gen.3, 22-24). “ … avvilita così la carne, corrotto il morale, degradato lo spirito, conobbero il dolore e la morte dello spirito privato della Grazia e della carne privata dell’immortalità. La ferita di Eva generò la sofferenza che non si placherà finché non sarà estinta l’ultima coppia sulla terra”.  17.12

  • 12 – La Genesi narrò il peccato dei Progenitori e le pene inflitte da Dio a essi e agli eredi. E’ stato soprattutto S. Paolo (Rm. 5) che ha messo in luce la colpa che dai progenitori si trasmette agli eredi, cioè all’umanità, di generazione in generazione e che costituisce appunto il Peccato Originale. L’Apostolo propone la sua dottrina istituendo una specie di parallelismo o paragone tra Adamo e Gesù, tra il primo e il secondo Adamo. I Santi Padri, ben presto, per es. Giustino e Ireneo, fin dal 2° secolo, estesero tale parallelismo e così, avendo dinanzi agli occhi l’Annunciazione, paragonarono Eva e Maria, cioè la prima e la seconda Eva. La nostra scrittrice, procede in modo analogo e mette in bocca a Maria le seguenti espressioni: “ Io ho percorso a ritroso le vie dei due peccatori … In tutti i modi ho ubbidito  … simile a Dio creando la carne di Dio … annichilita nell’umiltà … Ancella di Dio … Si, ho detto … Quel ‘si’ ha annullato il ‘no’ di Eva al comando di Dio … Dal mio seno nascerà l’Albero nuovo che porterà il Frutto che conoscerà tutto il male per averlo patito in Sé e darà tutto il bene … 17.14

  • 13 – Tale parallelismo o paragone tra Maria e Eva, ritoccato o completato in qualche punto per amor di chiarezza, può venire espresso e compendiato così:
    1. a Maria appare e parla un angelo buono, a Eva un angelo cattivo;
    2. a Maria l’angelo parla di Maternità divina, ad Eva di procreazione umana;
    3. Maria, con la Maternità divina, diverrebbe simile a Dio Genitore del suo Verbo e Creatore d’ogni essere; Eva, con la procreazione umana, diverrebbe simile a Dio Creatore;
    4. Maria a tal proposta si umilia profondamente, Eva s’insuperbisce altamente;
    5. Maria ubbidisce a Dio e resiste al Seduttore, Eva disubbidisce a Dio (che si riservava la rivelazione del mistero della formazione dell’uomo) e ubbidisce al Seduttore;
    6. In Maria nessuna spirituale golosità del Frutto, in Eva sfrenata golosità del frutto (fisico e simbolico);
    7. Dio non viola Maria ma fecondandola ne sublima la Castità, e la Vergine rimane castissima nella mente e nel corpo; il Serpente seduttore blandisce Eva e la vergine decade divenendo lussuriosa nello spirito e nella carne;
    8. Maria rimane in eterno quale Iddio la pensò, volle e creò, anzi, la Piena di Grazia diviene la Portatrice della Grazia e della Vita in sé stessa e nell’Umanità; Eva invece, si svuota della Grazia e diventa causa della perdita della grazia per Adamo, per l’Umanità;
    9. Maria rimane Figlia di Dio e non ne vuole sapere del padre della Menzogna, Eva diviene figlia prodiga  e ribelle e aderisce al padre della menzogna;
    10. Maria per ammaestramento e intervento divino viene elevata alla singolare dignità di Sposa di Dio e Madre del Verbo Incarnato. Eva non viene abbandonata da Dio mistico sposo che anzi continuerà ad influire in ogni coniugio comunicando allo sposo umano energia fecondante, presiedendo arcanamente alla formazione del corpo, creando e infondendo l’anima d’ogni figlio di Eva sino alla fine del mondo; più sposo d’ogni sposo umano, più padre d’ogni padre umano. Ma Eva e perciò Adamo e tutta la razza che dai Due primi per via di generazione eredita l’umana natura, ammaestrata e sedotta da Satana, ha tradito e abbandonato Iddio divenendone sposa infedele, fornicante e adulterante con Satana il quale continua a iniettare universalmente e incessantemente quel superbo, disubbidiente, goloso e lussurioso desiderio d’essere procreatore non secondo ma contro la volontà divina. Nell’istante in cui Dio crea ‘pura’ un’anima e la infonde in una carne che nei due primi s’imparentò con Satana, in quell’identico momento l’anima stessa contrae il Peccato Originale, cioè l’imparentamento col Demonio seduttore e l’oscuramento (per mancanza del nitore della Grazia) della parentela figliale e sponsale con Dio (per cui la donna, dopo il parto, nell’Antico Testamento sente la necessità e nel Nuovo il desiderio, di sottoporsi alla Purificazione).
    14 – 
  •  a) Dio, dunque, per mezzo di un angelo, tratta con Maria di generazione o maternità divina; satana, per mezzo di un serpente, tratta con Eva di una generazione o maternità umana.
    b) Maria, dunque, aspetta da Dio, la rivelazione del mistero dell’Incarnazione del Verbo; Eva, non aspetta da Dio ma accetta di ricevere da un essere usurpatore, non al tempo divinamente stabilito e in modo impuro, la rivelazione del mistero della formazione dell’uomo.
    c) Maria, dunque, viene più profondamente penetrata e posseduta da Dio e s’imparenta sempre più con Lui: figlia, sposa, madre; Eva vien profanata da Satana e cade sotto il potere di lui, diventa a riguardo di Dio figlia prodiga, sposa infedele, madre adultera e  s’imparenta col demonio padre falso e seduttore.
    d) In questo imparentamento di Maria con Dio sta la radice di ogni grandezza per Lei e di ogni benedizione per noi; in quest’imparentamento di Eva con Satana sta la radice di ogni miseria per lei e di ogni maledizione per noi.
    e) A causa di eccelse grazie dello Spirito Santo, cioè in  virtù dell’eterna Predestinazione e dell’Immacolato Concepimento, Maria è stata preservata  da qualsiasi imparentamento con Satana e perciò dal Peccato Originale. In virtù di questi stessi privilegi e inoltre della maternità divina, dell’intima Associazione di Lei alla vita e al sacrificio di Gesù e dell’Assunzione in corpo e anima in Cielo, ha trovato origine e compimento il mirabile imparentamento di Maria con Dio.
    f) A causa di altri doni dello Spirito Santo e perciò in virtù della buona volontà (dove è possibile) e dell’atto e Sacramento della Fede, vien compiuta un’opera di morte e di vita: di morte, cioè di spezzamento dell’imparentamento con Satana (quantunque in questa terra egli rimanga il Seduttore e la creatura conservi tendenza verso di lui); di vita, cioè di restaurazione della filiazione divina e d’incorporazione nella Chiesa  sposa di Cristo  madre (o rigeneratrice) e maestra con Cristo. Opera di restauro che verrà incessantemente nutrita e intensificata dagli altri Sacramenti e Sacramentali, tocchi della grazia di Dio e troverà nel Purgatorio, nella risurrezione della carne e nell’ingresso in Cielo, con la pienezza dell’umana sostanza, un coronamento tanto alto da superare di gran lunga lo stato a cui l’uomo sarebbe stato elevato se, in conseguenza del peccato, non fosse stato restaurato da Cristo.


  • 15 – Questi paragoni, parallelismi e chiarificazioni cadrebbero in parte o zoppicherebbero se si dimostrasse impossibile o inammissibile che l’angelo cattivo abbia parlato a Eva di generazione umana (frutto), come poi l’angelo buono parlò a Maria di generazione divino - umana (Frutto).

  • E altrove: “La maternità, priva di quanto ora l’avvilisce, era stata concessa dal Padre Creatore anche ad Eva. Dolce e pura maternità senza pesantezza di senso! … Di quanto s’è spogliata Eva rinunciando a questa ricchezza! Più dell’immortalità … ma la maternità, senza violazioni di sorta, è venuta a me sola, Eva nuova, perché io potessi dire al mondo di qual dolcezza fosse la sorte della donna chiamata ad essere madre senza dolore di carne …” 17.9

  • E altrove: “ … l’albero proibito diviene, alla razza, realmente mortale, perché dalle sue rame pende il frutto dell’amaro sapere che viene da Satana, e la donna diviene femmina e, col lievito della conoscenza satanica in cuore, va a corrompere Adamo … “ 17.12

  • Vedi su “Fondamenti della fede” il Peccato di Adamo
    e sui Sacramenti il Battesimo

    Dall’Evangelo

  • La Colpa d’origine sarà cancellata nei credenti in Me, ma lo spirito conserverà una tendenza al peccato che senza la Colpa originale non avrebbe avuto. Perciò occorre sorvegliare e continuamente curare il proprio spirito, così come fa una madre sollecita col suo figliolo rimasto indebolito da una malattia infantile. Perciò non bisogna oziare ma essere sempre solerti per irrobustirsi in virtù. Se uno cade in accidia o tiepidezza, più facilmente sarà sedotto da Satana. Ogni peccato grave, essendo simile a grave ricaduta, sempre più predisporrà a infermità e morte dello spirito, mentre se la Grazia, restituita dalla Redenzione, viene coadiuvata da una volontà attiva e instancabile, ecco che essa si conserva. Non solo ma aumenta perché è associata alle virtù conseguite dall’uomo. Santità e Grazia! Che sicure ali per volare a Dio!  307.7

  • Il Giudizio sull’atto di Adamo resta quello che è, e chiamato sarà “Colpa d’origine”, sempre. Saranno redenti gli uomini, lavati da una purificazione superiore a ogni altra, ma nasceranno con quel marchio perché Dio ha giudicato che quel marchio debba essere su ogni nato da donna, meno per Colui che, non per opera d’uomo, ma per Spirito Santo, fu fatto e sulla Preservata e sul Presantificato, vergini in eterno414.8

  • Per la carne Satana entrò nell’uomo e, felice se lo può fare, per la carne vi rientra, lui, uno e settemplice, col proliferare delle sue legioni di demoni minori. 420.9

  • La donna non è uguale all’uomo nella sua formazione e nelle reazioni alla colpa d’origine. L’uomo ha altre mete al suo desiderio, più o meno buono; la donna ha una meta: l’amore. L’uomo ha un’altra formazione, la donna ha questa: sensibile, ancor più perfetta perché destinata al generare. ( … )
    La compagna di Adamo doveva perciò essere capace di amare per finire di rendere beato il giorno di Adamo nel Giardino felice. Doveva essere tanto capace di amare da essere seconda, collaboratrice e surrogatrice di Dio nell’amare l’uomo, sua creatura, di modo che anche nelle ore che la Divinità non si palesava al suo creato con la sua voce d’amore, l’uomo non si sentisse infelice per mancanza d’amore.
    Satana sapeva di questa perfezione, tante cose sa Satana. E’ lui che parla sulle labbra dei pitoni, dicendo menzogne commiste a verità e queste verità che esso odia, perché egli è Menzogna, le dice solo per sedurvi con la chimera che non sia la Tenebra che parla ma la Luce. Satana: astuto, tortuoso e crudele, si è insinuato in questa perfezione e lì ha morso e lì ha lasciato il suo veleno. La perfezione della donna nell’amare è divenuta così strumento a Satana per dominare donna e uomo e propagare il male. ( … )
    Ma pensate che, come per la donna entrò il Male, per la Donna è giusto entri il Bene nel mondo. Vi è da annullare una pagina scritta da Satana e lo farà il pianto di una Donna e poiché Satana urlerà in eterno le sue voci, ecco che una voce di Donna canterà per coprire quelle voci. 420.10

  • La coppia Gesù - Maria è l’antitesi della coppia Adamo - Eva. E’ quella destinata ad annullare tutto l’operato di Adamo ed Eva e riportare l’Umanità al punto in cui era quando fu creata: ricca di Grazia e di tutti i  doni ad essa elargiti dal Creatore. L’Umanità ha subito una rigenerazione totale per opera della coppia Gesù – Maria i quali sono divenuti i nuovi Capostipiti dell’Umanità. Tutto il tempo precedente è annullato. Il tempo e la storia dell’uomo si conta da questo momento in cui la nuova Eva, per un capovolgimento di creazione, trae dal suo seno inviolato, per opera del Signore Iddio, il nuovo Adamo.
    Per annullare le opere dei due primi, causa di mortale infermità, di perpetua mutilazione, d’impoverimento, più, d’indigenza spirituale – perché dopo il peccato Adamo ed Eva si trovarono spogliati di tutto quanto aveva loro donato, ricchezza infinita, il Padre Santo – hanno dovuto, questi due Secondi, operare in tutto e per tutto in maniera opposta al modo di operare dei due Primi. Perciò spingere l’ubbidienza sino alle perfezione che si annichila e s’immola nella carne, nel sentimento, nel pensiero, nella volontà per accettate tutto quanto Dio vuole. Perciò spingere la purezza ad una castità assoluta. ( … )
    Noi amammo, come nessun altro amò. Spingemmo l’amore alle vette della perfezione per colmare, col nostro oceano d’amore, l’abisso scavato dal disamore dei Primi che amarono sé più di Dio, volendo avere più che lecito non fosse, per divenire superiori a Dio. Perciò, alla purezza, ubbidienza, carità, distacco da tutte le ricchezze della Terra: carne, potere, denaro, il trinomio di Satana, opposto al trinomio di Dio: fede, speranza, carità: perciò all’odio, alla lussuria, all’ira, alla superbia; le quattro passioni perverse antitesi della quattro virtù sante: fortezza, temperanza, giustizia, prudenza. Noi dovemmo unire una costante pratica di tutto quanto era all’opposto del modo di agire della coppia Adamo – Eva. 606-1

  • Dai Quaderni  L’uomo è partito da una tenebra fonda e da un peso immane di fango, dopo aver perduto la Luce divina, di sua volontà, ubbidendo alla seduzione nemica il cui vero essere si adombra nel frutto che insegna il Bene e il Male, ossia che ha svelato all’uomo, quanto per suo bene Dio aveva nascosto alla materia, alla mente, al cuore. Così puri, così pacifici, così onesti, così pii sareste stati se non aveste morso la triplice concupiscenza che è dolce alla bocca ma amara allo spirito, più dell’aceto e fiele che mi fu porto sulla Croce!
    Piombato dalla dimora paradisiaca sulla terra, schiacciato dalla rivelazione della sua carne profanata dalla lussuria, torturato dal rimorso di aver causato il suo male, angosciato dalla persuasione d’aver suscitato l’ira punitiva di Dio Creatore, l’uomo era un povero essere animale in cui si dibattevano e lievitavano tutte le forze inferiori. 16.8.43


  • La Colpa commessa dall’uomo doveva essere scontata dall’uomo e non dalla divinità non incarnata. Come avrebbe potuto la Divinità, Spirito incorporeo, redimere col sacrificio di Se stesso le colpe della carne? Necessità dunque che Io, Dio, pagassi con lo strazio di una Carne e di un Sangue innocente, nati da un’innocente, le colpe della carne e del sangue.
    La mia mente, il mio sentimento, il mio spirito, avrebbe sofferto per le colpe vostre di mente, di sentimento e di spirito ma per essere Redenzione di tutte le concupiscenze, inoculate in Adamo e nella sua progenie dal Tentatore, doveva, l’Immolato per tutte, essere dotato di una natura simile alla vostra, resa degna d’esser data in riscatto a Dio dalla divinità nascosta in essa, come una gemma d’infinito soprannaturale valore, nascosta sotto una veste comune e naturale.
    Dio è ordine e Dio non viola e non violenta l’ordine, salvo in casi eccezionalissimi, giudicati utili dalla sua Intelligenza. Tale non era il caso della mia Redenzione.
    Non dovevo unicamente cancellare la colpa dal momento di essa, al momento del sacrificio e annullare nei futuri gli effetti della colpa facendoli nascere, come Adamo, prima di commetterla, ignari del male. No, Io dovevo con un sacrificio totale riparare la Colpa e le colpe di tutta l’umanità, dare all’umanità già estinta, l’assoluzione della colpa, a quella vivente in quell’ora e nella futura, il mezzo per essere aiutata a resistere al male e per essere perdonata dal male che la sua debolezza l’avrebbe indotta a commettere.
    Il mio sacrificio doveva perciò essere tale, da presentare tutti i requisiti necessari e  poteva esserlo solo in un Dio fatto uomo: ostia degna di Dio, mezzo compreso dall’uomo; inoltre Io venivo a portare la Legge. ( … )
    Necessità dunque che una donna mi generasse secondo la carne, dopo avermi concepito sopra la carne, poiché da nessun coniugio di creature, per sante che fossero, poteva essere generato il Dio-Uomo, ma solo da uno sponsale tra la Purezza e l’Amore, tra lo Spirito e la Vergine, creata senza macchia per essere matrice alla carne di un Dio. 6.9.43


  • La Colpa, ha sconvolto alle radici dell’uomo, quel complesso perfetto di carne e spirito, di carne, non dissimile in moti di sentimento, dallo spirito, di cui era solo più pesante ma non contraria e tanto meno nemica; di spirito non prigioniero e prigioniero vessato nella carcere della carne, ma di spirito giubilante nella docile carne che esso guidava a Dio poiché molecola dello spirito di Dio, era attratto da Dio, come da calamita divina, mediante i rapporti d’amore fra il Creatore, il Tutto, e lo spirito, la parte. La colpa ha sconvolto quell’armonico contorno che Dio aveva messo intorno al suo figlio perché fosse re e re felice.
    Caduto l’amore dell’uomo verso Dio, cadde l’amore della Terra verso l’uomo. La ferocia si scatenò sulla Terra fra gli inferiori, fra gli inferiori e l’uomo e, orrore degli orrori, fra l’uomo e l’uomo. Quel sangue che doveva essere caldo solo d’amore di Dio, si fece caldo d’odio e ribollì e gocciò, contaminando l’altare della Terra su cui Dio aveva messo i suoi primi perché lo amassero, amandosi e insegnassero l’amore ai futuri: unico rito che Dio voleva da voi.
    Ecco allora che una pianta è nata dal seme della Colpa; fu una pianta d’amaro frutto e di pungenti rami: il dolore.
    Prima il dolore sofferto come l’uomo lo poteva soffrire nella sua embrionale spiritualità contaminata; un dolore animale fatto dei primi dolori della donna e delle prime ferite inferte alla carne fraterna, un dolore feroce di ululi e maledizioni, seme di sempre nuove vendette. Poi, raffinandosi nella ferocia ma non nel merito, anche il dolore si evolse divenendo più vasto e complicato. 23.9.43


  • I due primi, opera eccelsa del Creatore, avevano, oltre alla bellezza incorporea dell’anima innocente, la bellezza fisica del corpo creato dal Padre.
    La bruttezza fisica è venuta all’uomo, come una delle tante conseguenze della colpa. La colpa non ha lesionato soltanto lo spirito, ma ha portato tale lesione anche alla carne. Dallo spirito, che aveva perduto la Grazia, sono venuti istinti contro natura, che hanno avuto per frutto le mostruosità della razza. Se l’uomo non avesse conosciuto il peccato, non avrebbe avuto certi stimoli e non avrebbe contratto alleanze deprecate e maledette che hanno poi pesato, nei secoli, con marchio di bruttezza sulla prima originaria bellezza.
    Anche quando l’uomo non giunse ad avvilire se stesso con certe colpe, la cattiveria, portata sino alla delinquenza, segnò stigmate sui volti dei malvagi e sui loro discendenti, stigmate che ancora oggi studiate per reprimere la delinquenza. 15.10.43


  • Satana sedusse i figli di Dio con pensiero di superbia. Inoculò agli innocenti la sete d’esser grandi di tutte le grandezze: del potere, del sapere, del possedere.
    “Diverrete simili a Dio”. Da secoli era spento il sibilo del Serpente, ma il suono che più non fendeva l’aria, era fuso col murmure del sangue nel cuore dell’uomo. E’ tuttora fuso a questo vostro sangue, a voi più caro dell’anima vostra e vivete nuocendovi in anima e corpo, per ubbidire all’imperativo del vostro sangue avvelenato da Satana.
    Ma sbagliate nell’applicare valore e significato alle cose e alle parole. Essere simili a Dio, ve l’aveva già dato per dote il Padre Creatore, ma una somiglianza nella quale, non ha nulla a che fare ciò che è carne e sangue, ma sebbene lo spirito, perché Dio è essere spirituale e perfetto e vi aveva fatti grandi nello spirito e capaci di raggiungere la perfezione mediante la Grazia, piena in voi e l’ignoranza del Male.
    Io venni a mettere cose e parole nella luce giusta e con le parole e con gli atti vi mostrai che la vera grandezza, la vera ricchezza, la vera sapienza, la vera regalità, la vera deificazione, non sono quelle che voi credete. ( … )
    Fui grande, perché volli essere piccolo. Ricordatevelo, voi che essendo piccoli, volete essere grandi a qualunque costo, anche illecito e il mio Regno non avrà né fine, né confine, perché a costo del mio annichilimento totale, Io me lo sono conquistato.
    Se mi aveste fatto regnare in luogo di uccidermi prima sulla Croce e poi nelle vostre coscienze, avreste conosciuto ère di pace, lunghe quanto la Terra, dal momento in cui su essa posai il mio piede di Innocente, poiché Io sono il Re della Pace, sono la Pace stessa.
    Vi avrei dato la pace nelle nazioni e la pace nelle coscienze, perché col mio Sangue (sarebbe bastato il sangue della circoncisione a redimere l’umanità) vi sono venuto a liberare dalla fossa senz’acqua che Satana vi aveva scavato e dove perivate e perite perché, nonostante da essa Io vi abbia tratti, in essa avete voluto tornare, dato che il Seduttore l’ha pavimentata d’oro e dipinta nella parete di destra di immagini lubriche e in quella di sinistra di immagini di potere. Tre cose che per voi hanno il massimo valore.
    Eppure Io mi sono lasciato tendere sulla Croce per fare del mio martirio freccia perforante i Cieli chiusi e aprente il varco al perdono di Dio. Nonostante mi abbiate odiato, Io continuo a chiamarvi a raccolta, come tromba impugnata da alfiere, per fare di voi il mio esercito pacifico che conquista i Cieli. ( … )
    Io, Agnello del mio Padre e Signore, salvo al Padre mio i suoi figli per il mio Sangue, di cui ho tinto, non la materia del legno e della pietra che muoiono, ma la vostra anima immortale. 7.12.43

  • Eva, Adamo, non respinsero la tentazione. La lussuria della mente ossia la superbia, del cuore ossia la disubbidienza, accolte nella loro anima sino allora incorrotta, la corruppero svegliando febbri impure che Satana acutizzò sino al delirio e al delitto. Non dico parole errate, dico “delitto” ed è giusto. Non hanno forse, peccando, fatto violenza al loro spirito ferendolo, piagandolo duramente? Non è un delitto contro lo spirito quello che fa il peccatore che uccide con la colpa mortale o ferisce, indebolendolo continuamente con le colpe veniali, il proprio spirito?  (…)
    Eva, dotata di una scienza proporzionata al suo stato – notate bene questo perché è aggravante della colpa e perciò cosciente del valore della prudenza – va all’albero proibito. Primo lieve errore. Vi va con leggerezza, non per intenzione buona di raccogliersi al centro dell’Eden per isolarsi in orazione. Giunta là, contrae conversazione con l’Ignoto. Non la fa guardinga il fenomeno di un animale parlante, mentre tutti gli altri avevano voce ma non avevano parola comprensibile all’uomo. Secondo errore. Terzo: nel suo stupore non invoca Dio perché le spieghi il mistero, non ricorda e non riflette neppure che Dio ha detto ai suoi figli che quello era l’albero del bene e del male e che perciò era da ritenersi imprudente accogliere ogni cosa che da esso venisse senza averne prima chiesto al Signore la vera natura. Quarto errore: il suo aver fede più forte nel credere all’asserto di  un Ignoto che non ai consigli del suo Creatore. Quinto: la cupidigia di conoscere ciò che solo Dio conosceva e di divenire simile a Dio. Sesto: la golosità dei sensi che vogliono gustare guardando, palpando, fiutando, mangiando ciò che l’Ignoto aveva suggerito di cogliere e gustare. Settimo: da tentata, divenire tentatrice. Passare dal servizio di Dio a quello di Satana, dimenticando le parole di Dio per ripetere quelle di Satana al suo compagno e persuaderlo al furto del diritto di Dio.
    L’arsione era ormai al grado massimo. La salita dell’arco fatale era giunta al punto più alto. Là si consumò completamente il peccato con l’adesione di Adamo alle lusinghe della compagna e fu la caduta dei due lungo l’altra parte della curva. Caduta veloce, molto più veloce della salita perché appesantita dalla colpa consumata e la colpa si aggravò nel suo peso dalle conseguenze della stessa: ossia fuga da Dio, scuse insufficienti e prive di carità e giustizia e anche di sincerità nel confessare il fallo, spirito latente di ribellione che impedisce di chiedere perdono.
    Non si nascondono per il dolore di essere bruttati dalla colpa e di apparire tali agli occhi di Dio, ma perché sono nudi, ossia per la malizia che ormai è entrata in loro e dà nuovi aspetti a tutte le cose e rende tanto ignoranti da non saper più riflettere che Dio, che li aveva creati e aveva loro dato tutto il creato, ben sapeva che essi erano nudi né si era affaticato a rivestirli, né si era sdegnato di contemplarli tali, perché non c’era bisogno di coprire l’innocenza né c’era sdegno a contemplare un corpo innocente. 18.2.47

  • Nelle risposte dei due colpevoli manca, fra le tante parole, l’unica che doveva esserci: “Perdono perché ho peccato”. Manca quindi la carità verso Dio, manca la carità verso il prossimo. Adamo accusa Eva, Eva accusa il serpente; manca infine la sincerità della confessione. Eva confessa ciò che è innegabile ma crede poter nascondere a Dio i preliminari del peccato, ossia la sua leggerezza, la sua imprudenza, la sua debole volontà, subito ammalatasi dopo aver fatto il primo passo verso la disubbidienza al comando santo di non porsi in tentazione di cogliere il frutto proibito. Quel comando doveva esserle di avviso, a lei, intelligentissima, per farle capire che essi non erano tanto forti da poter impunemente mettersi nelle condizioni di peccare senza giungere a peccare. Vi sarebbero giunti perfezionando con volontà propria la libertà concessa loro da Dio, giungendo ad usarla unicamente per il Bene. Eva mente dunque a Dio tacendo la ragione per la quale mangiò il frutto: per divenire simile a Dio. Ecco che la concupiscenza triplice è nell’Uomo. Tutti i segni dell’amicizia col serpente sono palesi nella superbia, ribellione, menzogna, lussuria, egoismo, sostituitisi alle virtù esistenti prima. 18.2.47    

  • Dall'Epistola ai Romani

  • Nel diluvio perirono i rami corrotti dell’umanità brancolante nelle tenebre conseguenti alla caduta, nelle quali e solo per i pochi giusti, come attraverso nebbie pesanti, giungeva ancora un solo raggio della perduta stella: il ricordo di Dio e della sua promessa.

  • Perciò, distrutti i mostri, l’Umanità fu conservata e moltiplicata nuovamente dalla stirpe di Noè, giudicata giusta da Dio. Venne perciò resa alla natura prima del primo uomo: fatta sempre di materia e di spirito e rimasta tale anche dopo che la colpa aveva spogliato lo spirito della Grazia divina e della sua innocenza.
    Quando e come avrebbe dovuto l’uomo ricevere l’anima, se egli fosse il prodotto ultimo di un’evoluzione dai bruti? E’ da supporsi che i bruti abbiano ricevuto insieme alla vita animale l’anima spirituale? L’anima immortale? L’anima intelligente? L’anima libera? E’ bestemmia solo pensarlo. Come allora potevano trasmettere ciò che non avevano?  E poteva Dio offendere se stesso infondendo l’anima spirituale, il suo divino soffio, in un animale, evoluto sin che si vuole pensarlo ma sempre venuto da una lunga procreazione di bruti? Anche questo pensiero è offensivo al Signore.
    Dio, volendosi creare un popolo di figli per espandere l’amore di cui sovrabbonda e ricevere l’amore di cui è sitibondo, ha creato l’uomo ‘direttamente’, con un suo volere perfetto, in ‘un’unica operazione’ avvenuta nel sesto giorno creativo, nella quale fece della polvere una carne viva e perfetta che poi ha animata, per la sua speciale condizione di uomo, figlio adottivo di Dio ed erede del Cielo, non solo già dell’anima (che anche gli animali hanno nelle nari) e cessa con la morte dell’animale, ma dell’anima spirituale che è immortale, che sopravvive oltre la morte del corpo e che rianimerà il corpo, oltre la morte, al suono delle trombe del Giudizio finale e del trionfo del Verbo Incarnato, Gesù Cristo, perché le due nature, che insieme vissero sulla Terra, vivano insieme gioendo o soffrendo, a seconda di come insieme meritarono, per l’eternità. Rm. 132 – 28.5.48

  • Per espiare la Colpa d’origine, non sarebbero state sufficienti montagne di vittime. Infatti, perché lo spirito dell’uomo fosse ricreato in Grazia e fosse reintegrato alla sua dignità di figlio di Dio, coerede del Cielo, perché la giustizia fosse placata e il Male vinto, occorreva una Vittima perfetta, una Vittima unica che, essendo Dio come il Dio offeso, pagasse, da Dio a Dio, il riscatto dell’uomo e da Uomo santissimo espiasse per l’uomo peccatore.
    Solo l’Uomo-Dio, Gesù, poteva placare Dio e redimere l’uomo, essendo vero Dio e vero Uomo. E Gesù fu immolato e il suo Sacrificio non fu consumato su carni morte, ma da Corpo vivo, sul quale furono scagliati tutti i tormenti ad espiare tutte le colpe di cui l’Innocente s’era gravato per consumarle tutte.
    Sacrificio totale: dello spirito del Cristo provato dall’abbandono del Padre, per riparare la colpa dello spirito di Adamo colpevole di avere abbandonato Dio e la sua Legge; dell’intelletto perfetto del figlio dell’Uomo, per riparare la superbia di Adamo; della carne innocente dell’Agnello di Dio, per riparare la lussuria di Adamo.
    E, perché il mondo, sempre peccatore, avesse sempre una vittima perfetta, avanti l’immolazione, il Cristo e Pontefice eterno, costituisce il Sacrificio perpetuo, quello eucaristico, in cui è ancora e sempre il Cristo, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità che viene offerto e consumato sugli altari. ( …)
    Al sacrificio vivente che si consuma sugli altari, l’uomo deve unire il proprio individuale sacrificio, quello di tutte le ore, da esplicarsi in tutte le occupazioni, doveri, volontà di Dio soprattutto, anche se è volontà di dolore. Sacrificio che può essere della parte carnale, o di quella morale, o di quella spirituale. Malattie, povertà, lavoro estenuante, per la parte materiale di voi. Ingiustizie, calunnie, incomprensioni, per la parte morale. Persecuzioni da parte degli uomini o abbandoni di Dio per provare la fedeltà del suo servo, per la parte spirituale. E ancora: fedeltà alla Legge, conservando casti, giusti e amorosi i corpi, i pensieri, i sentimenti e gli spiriti. Rm. 8.11.50

martedì 13 giugno 2017

VALTORTA - L'IBRIDAZIONE DELL'UOMO CON LE FIERE


Dove non è Dio, è Satana. Dove l’uomo non ha più anima viva, è l’uomo bruto. Il bruto ama i bruti. La lussuria carnale, più che carnale  perché afferrata ed esasperata da Satana, lo fa avido di tutti i connubi. Bello e seducente gli pare ciò che è orrido e sconvolgente come un incubo. Il lecito non lo appaga. E’ troppo poco e troppo onesto, e pazzo di libidine cerca l’illecito, il degradante, il bestiale.
Quelli che non erano più figli di Dio, perché col padre e come il padre avevano fuggito Dio per accogliere Satana, si spinsero a questo illecito, degradante, bestiale ed ebbero mostri per figli e figlie. Quei mostri che ora colpiscono i vostri scienziati e li traggono in errore. Quei mostri che, per la potenza delle forme e per la selvaggia bellezza e una radenza belluina, frutti del connubio fra Caini e i bruti, fra i bruttissimi figli di Caino e le fiere, sedussero i figli di Dio, ossia i discendenti di Set (…) Fu allora che Dio, a impedire che il ramo dei figli di Dio si corrompesse tutto con il ramo dei figli degli uomini, mandò il generale diluvio a spegnere sotto il peso delle acque la libidine degli uomini e a distruggere i mostri generati dalla libidine dei senza Dio, insaziabili nel senso perché arsi dai fuochi di Satana.
L’uomo, l’uomo attuale, farnetica sulle linee somatiche e sugli angoli zigomatici e non volendo ammettere un Creatore, perché troppo superbo per poter riconoscere di essere stato fatto, ammette la discendenza dai bruti! Per potersi dire: “Noi, da soli, ci siamo evoluti da animali a uomini”. Si degrada, si auto degrada, per non volersi umiliare davanti a Dio e discende. Oh, se discende! Ai tempi della prima corruzione ebbe dell’animale l’aspetto, ora ne ha il pensiero e il cuore e la sua anima, per sempre più profondo connubio col male, ha preso il volto di Satana in troppi. 30.12.4

sabato 17 dicembre 2016

La trinità nella bibbia


Tenendo conto che le Sacre Scritture (specialmente l'AT) vanno lette tenendo presente il linguaggio, le espressioni e la cultura degli autori e non si possono leggere come se fosse il Corriere della Sera...

IL CASO ELOHIM:
Nella lingua ebraica esiste il singolare, il plurale e il duale per determinare la quantità a livello discorsivo.
La parola "elohim" che presa da sola significa Dio al plurale quando è utilizzata e seguita (o messa in relazione) con un verbo al singolare. E' come se l'autore ci volesse dire (consciamente o meno, non lo sappiamo) che Dio pur essendo uno è allo stesso tempo più di due (tre).
E' un indizio del dogma della Santissima Trinità


Quindi: Soggetto -> plurale; Verbo -> singolare

Inoltre il "Voi tutti siete déi perché figli dell'Altissimo" fa riferimento alla visione beatifica. Quando noi vedremo Dio (come dice il catechismo) saremo rivestiti di perfezione e assumeremo una forma così mirabile che sembreremo più déi che uomini.

Quindi, naturalmente, per "dèi" non si intende "altri Dio".

Sono le ennesime idiozie da quattro soldi, mandate in giro da gentaglia (scrittori e mai Teologi, stranamente) che non sanno nulla di ebraico, di agiografia e di Sacre Scritture.

Questo si capisce leggendo il testo in lingua originale diciamo, cosa che loro non fanno. Loro interpretano le traduzioni/traslitterazioni, che per quanto possano essere ben fatte non riescono a dare le stesse sfumature.

sabato 10 dicembre 2016

VALTORTA - Peccato di Adamo


Dio aveva detto all’Uomo e alla Donna: “Conoscete tutte le leggi ed i misteri del creato, ma non vogliate usurparmi il diritto d'essere il Creatore dell’uomo. A propagare la stirpe umana basterà il mio Amore che circolerà in voi, e senza libidine di senso ma per solo palpito di carità susciterà i nuovi Adami della stirpe. Tutto vi dono. Solo mi serbo questo mistero della formazione dell’uomo”.
Satana ha voluto levare questa verginità intellettuale all’Uomo, e con la lingua serpentina ha blandito e accarezzato membra e occhi di Eva suscitandone riflessi e acutezze che prima non avevano, perché la Malizia non li aveva intossicati. Essa “vide” e vedendo volle provare. La carne era destata.
Oh!  Se avesse chiamato Dio! Se fosse corsa a dirgli: “Padre io sono malata. Il  serpente mi ha accarezzata e il turbamento è in me”. Il Padre l’avrebbe purificata e guarita col suo alito, che come le aveva infuso la vita poteva infonderle nuovamente innocenza, smemorandola del tossico serpentino e anzi mettendo in lei la ripugnanza per il Serpente, com'è in quelli che un male ha assalito e che, guariti, ne portano un'istintiva ripugnanza.
Ma Eva non va al Padre. Eva torna dal Serpente. Quella sensazione è dolce per lei.  “Vedendo che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello all’occhio e gradevole all’aspetto, lo colse e lo mangiò” .
E “comprese”. Ormai la malizia era scesa a morderle le viscere. Vide con occhi nuovi e udì con orecchi nuovi gli usi e le voci dei bruti. E li bramò con folle bramosia.
Iniziò sola il peccato. Lo portò a termine col compagno. Ecco perché sulla donna pesa condanna maggiore. E’ per lei che l’uomo è divenuto ribelle a Dio e che ha conosciuto lussuria e morte. E’ per lei che non ha più saputo dominare i suoi tre regni: dello spirito perché ha permesso che lo spirito disubbidisse a Dio; del morale perché ha permesso che le passioni lo signoreggiassero: della carne perché l’avvilì alle leggi istintive dei bruti.
“Il serpente mi ha sedotta” dice Eva: “La donna mi ha offerto il frutto ed io ne ho mangiato” dice Adamo. E la cupidigia triplice abbranca da allora i tre regni dell’uomo. 5-3-44
Da questo disordine iniziale ecco che scaturiscono tutte le altre sventure, e voi divenite schiavi di voi stessi o di uno di voi che abusivamente si autoproclama ciò che non è. Lo divenite per non aver voluto essere figli di un Padre che più buono non ve n’è.
Ripudiate dunque le voci di ciò che è concupiscenza e tornate, tornate all’ubbidienza. (…) e vogliate seguire la via che Dio vi ha assegnata.  31.5.44
Il principio della colpa fu nella disubbidienza:  “Non mangiate e non toccate di quell’albero” aveva detto Iddio. E l’uomo e la donna, i re del creato, che potevano di tutto toccare e mangiare fuor che di quello, perché Dio voleva non renderli che inferiori agli angeli, non tennero conto di quel divieto.
La pianta: il mezzo per provare l’ubbidienza dei figli. Che è l’ubbidienza al comando di Dio? E’ bene, perché Dio non comanda che il bene. Che è la disubbidienza? E’ male, perché mette l’animo nelle disposizioni di ribellione su cui Satana può operare. 
Eva va alla pianta da cui sarebbe venuto il suo bene col sfuggirla o il suo male coll’avvicinarla. Vi va trascinata dalla curiosità bambina di vedere che avesse in sé di speciale, dall’imprudenza che le fa parere inutile il comando di Dio, dato che lei è forte e pura, regina del’Eden in cui tutto le obbedisce e in cui nulla potrà farle del male. La sua presunzione la rovina. La presunzione è già lievito di superbia.
Alla pianta trova il Seduttore il quale, alla sua inesperienza, alla sua vergine tanto bella inesperienza, alla sua mal tutelata da lei inesperienza, canta la canzone della menzogna.  “Tu credi che qui sia del male? No. Dio te l’ha detto perché vi vuole tenere schiavi del suo potere. Credete d’esser re? Non siete neppur liberi come lo è la fiera. Ad essa è concesso di amarsi di amor vero. Non a voi. Ad essa è concesso d’esser creatrice come Dio. Essa genererà figli e vedrà crescere a suo piacere la famiglia. Non voi. A voi è negata questa gioia. A che pro dunque farvi uomo e donna se dovete vivere in tal maniera? Siate dèi. Non sapete quale gioia è l’esser due in una carne sola, che ne crea una terza e molte più terze? Non credete alle promesse di Dio di avere gioia di posterità vedendo i figli crearsi nuove famiglie, lasciando per esse e padre e madre. Vi ha dato una larva di vita: la vita vera è di conoscere le leggi della vita. Allora sarete simili a dèi e potrete dire a Dio: "siamo tuoi uguali’ “.
E la seduzione è continuata perché non vi fu volontà di spezzarla, ma anzi volontà di continuarla e di conoscere ciò che non era dell’uomo. Ecco che l’albero proibito diviene, alla razza, realmente mortale, perché dalle sue rame pende il frutto dell’amaro sapere che viene da Satana. E la donna diviene femmina e, col lievito della conoscenza satanica in cuore, va a corrompere Adamo. Avvilita così la carne, corrotto il morale, degradato lo spirito, conobbero il dolore e la morte dello spirito privato della Grazia, e della carne privata dell’immortalità. E la ferita di Eva generò la sofferenza, che non si placherà finchè non sarà estinta l’ultima coppia sulla terra.  17.12
Ho detto: “metaforica pianta”. Dirò ora: “simbolica pianta”. Forse capirete meglio. Il suo simbolo è chiaro: dal come i due figli di Dio avrebbero agito rispetto ad essa, si sarebbe compreso come era in loro tendenza al bene e al male. Come acqua regia che prova l’oro e bilancia d’orafo che ne pesa i carati, quella pianta, divenuta una “missione” per il comando di Dio rispetto ad essa, ha dato la misura della purezza del metallo d’Adamo e di Eva.  Sento già la vostra obbiezione: “Non è stata soverchia la condanna e puerile il mezzo usato per giungere a condannarli?”.
Non è stato. Una disubbidienza ‘attualmente’ in voi che siete gli eredi loro, è meno grave che non fosse in essi. Voi siete redenti da Me. Ma il veleno di Satana rimane sempre pronto a risorgere come certi morbi che non si annullano mai totalmente nel sangue. Essi, i due progenitori, erano possessori della Grazia senza aver mai avuto sfioramento con la Disgrazia. Perciò più forti, più sorretti dalla Grazia che generava innocenza e amore. Infinito era il dono che Dio aveva loro dato. Ben più grave perciò la loro caduta nonostante quel dono.
Simbolico anche il frutto offerto e mangiato. Era il frutto d'una esperienza voluta compiere per istigazione satanica contro il comando di Dio. Io non avevo interdetto agli uomini l’amore. Volevo unicamente che si amassero senza malizia; come Io li amavo con la mia santità, essi dovevano amarsi in santità d’affetti che nessuna libidine insozza. 17.18
Non si deve dimenticare che la Grazia è lume, e chi la possiede conosce ciò che è utile e buono conoscere. La Piena di Grazia conobbe tutto, perché la Sapienza la istruiva, la Sapienza che è Grazia, e si seppe guidare santamente. Eva conosceva perciò ciò che le era buono conoscere. Non oltre, perché è inutile conoscere ciò che non è buono. Non ebbe fede nelle parole di Dio e non fu fedele nella sua promessa di ubbidienza. Credette a Satana, infranse la promessa, volle sapere il non buono, lo amò senza rimorso, rese l’amore, che Io avevo dato così santo, una corrotta cosa, una avvilita cosa. Angelo decaduto, si rotolò nel fango e sullo strame, mentre poteva correre felice fra i fiori del Paradiso terrestre e vedersi fiorire intorno la prole, così come una pianta si copre di fiori senza curvare la chioma nel pantano. 17.19
Nella Genesi si legge:  “Allora Adamo pose alla sua moglie il nome di Eva, essendo essa la madre di tutti i viventi”. Oh! Si. La donna era nata dalla “Virago” che Dio aveva formata per compagna di Adamo, traendola dalla costola dell’uomo. Era nata col suo destino doloroso perché aveva ‘voluto’ nascere. 606.7
Dio non proibisce ad Adamo di cogliere i frutti dell’Albero della Vita, ma vieta di cogliere quelli, inutili, dell’Albero della Scienza, perché un eccesso di sapere avrebbe svegliato la superbia nell’uomo, che si sarebbe creduto uguale a Dio per la nuova scienza acquisita e stoltamente creduto capace di poterla possedere senza pericolo, con il conseguente sorgere di un abusivo diritto di auto-giudizio delle azioni proprie, e dell’agire, di conseguenza, calpestando ogni dovere di filiale ubbidienza verso il suo Creatore – dato che ormai gli era simile in scienza – del suo Creatore che gli aveva amorosamente indicato il lecito e l’illecito, direttamente o per grazia e scienza infuse.
La misura data da Dio è sempre giusta. Chi vuole più di quanto Dio gli ha dato, è concupiscente, imprudente, irriverente. Offende l’amore. Chi prende abusivamente, è un ladro e un violento. Offende l’amore. Chi vuol agire indipendentemente da ogni ossequio alla Legge soprannaturale e naturale è un ribelle. Offende l’amore.
Davanti al comando divino i Progenitori dovevano ubbidire, senza porsi dei perché che sono sempre il naufragio dell’amore, della fede, della speranza. Quando Dio ordina o agisce, si deve ubbidire e fare la ‘sua’ volontà, senza chiedere perché ordina o agisce in quel dato modo. Ogni sua azione è buona, anche se non sembra tale alla creatura limitata nel suo sapere.
Perché non dovevano andare a quell’albero, cogliere quei frutti, mangiare quei frutti? Inutile saperlo. Ubbidire è utile, e non altro. E accontentarsi del molto avuto. L’ubbidienza è amore e rispetto, ed è misura di amore e rispetto. Tanto più si ama  e si venera una persona e tanto più la si ubbidisce. Rm 135-136 28.5.48
Dio sapeva che a quell’albero sarebbe andato Satana, per tentare. Dio tutto sa. Il malvagio frutto era la parola di Satana gustata da Eva. Il pericolo di accostare la pianta era nella disubbidienza. Alla scienza pura che Dio aveva dato, Satana inoculò la sua malizia impura, che presto fermentò anche nella carne. Ma prima Satana corruppe lo spirito facendolo ribelle, poi l’intelletto facendolo astuto.
Oh, ben conobbero, dopo, la scienza del Bene e del Male! Perché tutto, persino la nuova vista, per cui conobbero d’esser nudi, li avvertì della perdita della Grazia, che li aveva fatti beati nella loro intelligente innocenza fino a quell’ora, e perciò della perdita della vita soprannaturale.
Nudi! Non tanto di vesti quanto dei doni di Dio. Poveri! Per aver voluto essere come Dio. Morti! Per aver temuto di morire con la loro specie se non avessero agito direttamente.
Hanno commesso il primo atto contro l’amore con la superbia, la disubbidienza, la diffidenza, il dubbio, la ribellione, la concupiscenza spirituale, e, per ultimo, con la concupiscenza carnale. Dico: per ultimo. Alcuni credono che sia invece stato l’atto primo la concupiscenza  carnale. No. Dio è ordine in tutte le cose.
Anche nelle offese verso la legge divina, l’uomo peccò prima contro Dio, volendo essere simile a Dio: “dio” nella conoscenza del Bene e del Male, e nell'assoluta, e perciò illecita, libertà d'agire a suo piacere e volere contro ogni consiglio e divieto di Dio; poi contro l’amore, amandosi disordinatamente, negando a Dio l’amore riverenziale che gli è dovuto, mettendo l’IO al posto di Dio, odiando il suo prossimo futuro: la sua stessa prole, alla quale procurò l’eredità della colpa e della condanna; in ultimo contro la sua dignità di creatura regale che aveva avuto il dono di perfetto dominio sui sensi.
Il peccato sensuale non poteva avvenire sinchè durava lo stato di Grazia e gli altri stati conseguenti. Poteva esserci tentazione ma non consumazione della colpa sensuale sinchè durava l’innocenza, e perciò il dominio della ragione sul senso. Rm 138 - 28.5.48
Castigo. Non sproporzionato ma giusto.
Per capirlo bisogna considerare la perfezione di Adamo ed Eva. Considerando quel vertice, si può misurare la grandezza della caduta in quell’abisso. (….)
Le conseguenze del peccato d’origine sono state riparate dal Cristo, per quanto è la Grazia. Ma la debolezza della lesione alla perfezione originale rimane. E questa debolezza è costituita dai fomiti, simili a germi infettivi rimasti nell’uomo in latenza, ma sempre pronti ad entrare in potenza e soverchiare la creatura.
Dio non violentò il libero arbitrio dell’uomo, mentre l’uomo violentò i diritti di Dio. Né prima, né dopo la colpa, Dio violentò la libertà d’azione dell’uomo. Lo sottopose alla prova. Non ignorava, essendo Dio, che l’uomo non l’avrebbe superata. Ma era giusto che lo sottoponesse per confermarlo in grazia, come aveva, per lo stesso fine, sottoposto alla prova gli angeli, e confermato in grazia quelli che avevano vinto la prova. E sottoponendolo alla prova, lo lasciò libero di agire rispetto ad essa.  Rm 139-140 - 28.5.48
Dio rispettò la volontà umana. L’uomo perseverò nel suo stato di rivolta verso il suo divino Benefattore. Superbamente uscì dall’Eden dopo aver mentito – perché ormai il suo congiungimento con la Menzogna era avvenuto – ed aver addotto povere scuse al suo peccato, mentre che l’essersi fatto cinture di foglie testimoniava che, non perché erano nudi e di apparir tali a Colui che li aveva creati e conservati vestiti solo di grazia e innocenza si vergognavano, ma perché erano colpevoli, avevano paura di comparire davanti a Dio.
Castigo giusto, dunque. Privazione di quanto spontaneamente l’uomo aveva spregiato: la Grazia, l’integrità, l’immortalità, l'immunità, la scienza. E perciò la perdita della paterna carità di Dio, del suo aiuto possente; e perciò la debolezza dell’anima ferita, la febbre della carne svegliata, delirante e soverchiante la ragione; e perciò la paura di Dio, la perdita dell’Eden dove senza fatica e dolore era la vita; e perciò la fatica, la morte, la soggezione della donna all’uomo, l’inimicizia tra uomo e uomo, tra i figli di un seno, il delitto, l’abuso, tutti i mali che tormentano l’umanità, la paura di morire e del giudizio, il tormento d'aver provocato il dolore e di trasmetterlo a quelli più amati, in un con la vita. Rm 140-141 - 28.5.48
Provvidenza anche questo cadere dell’Umanità, questo suo mordere il fango per ricordarsi che è fango animato da Dio, per se stessa soltanto fango; per volontà di Dio, spirito in un fango, a santificarlo, a dargli l’impronta, la somiglianza con l’Inconosciuto, col Perfetto, con lo Spirito, con l’Eterno. Provvidenza questo cadere all’inizio del suo giorno, per avere un lungo espiare e poter risalire tutta la via, tornare al Cielo dall’abisso, tornarvi con la buona volontà, con l’aiuto del Salvatore, con la battaglia contro la tentazione, con la fortezza che spezza le catene della concupiscenza, con la Fede, la Speranza, la Carità, con l’Umiltà santa e la santa Ubbidienza, per giungere a essere meritatamente gloriosi e liberi della libertà gloriosa dei figli di Dio. Az.204 - 7.7.46